Nasce a Porto Cesareo la prima galleria di arte contemporanea. Inaugurata ad ottobre 2025 con la mostra di Thomas Berra ed Edoardo De Candia, Thalassa Gallery è un progetto ideato da Salvatore Baldi, che ha scelto come direttore artistico il compaesano Luigi Presicce. Il principio fondamentale che anima il nuovo spazio è la concezione dell’arte contemporanea come strumento pedagogico, in stretta connessione con la cultura del territorio, ma anche con il suo paesaggio. E’ una galleria aperta 24 ore su 24, senza porte, e già questa caratteristica testimonia la volontà, da parte del suo fondatore e del suo direttore artistico, di concepire il progetto come dono verso la comunità. Ricavata dalla casa dei nonni di Salvatore, la galleria rappresenta anche un modo per far rivivere memorie familiari dalle belle energie che trasudano sia dallo spazio espositivo, ma anche dalle altre tre stanze, le Thalassa Suites, adibite a B&B. Sono ambienti dal ricercato stile anni Settanta, arredati con cura da Salvatore che vi ha disposto anche la sua collezione di opere di arte contemporanea, ma ci sono anche interventi artigianali realizzati dalla sua famiglia. Lobodilattice lo ha intervistato per approfondire l’essenza di questo progetto.
Salvatore Baldi, com’è iniziato il progetto di Thalassa Gallery?
Questa era la casa dei miei nonni paterni. Ci è cresciuto mio padre e ci sono cresciuto io, da quando ero adolescente in sostanza. Di conseguenza c’è del romanticismo in tutto questo perché non volevo destinare la casa dei nonni a qualcosa di commerciale. Abbiamo cominciato a ristrutturare su, al primo piano, poi lo spazio giù. Non volevo destinare la casa dei nonni a qualcosa di commerciale. Porto Cesareo è già pieno di attività commerciali perché solitamente si viene qui per i lidi, per le spiagge, per comprare il pesce o per i ristoranti. Sarebbe stato come snaturare quello che per noi ha rappresentato questa casa. Perché mio nonno e mia nonna sono riusciti a tenere unite quattro generazioni. Eravamo sempre tutti, costantemente, da loro, per qualsiasi ricorrenza. Ogni giorno c’era un andirivieni di tutta la famiglia.
Tu sei nato a Porto Cesareo?
Io sono nato a Porto Cesareo e ho sempre vissuto qui, anche se per lavoro ho spaziato e mi sono sempre mosso tantissimo. Ho viaggiato fin da piccolo. Di conseguenza volevamo continuare a tenere vive queste vibrazioni della memoria. Ecco perché, anche per dare un esempio da tramandare ai nostri figli, ai nostri nipoti, abbiamo pensato a un luogo, ad uno spazio culturale no profit che potesse diventare un punto di riferimento per questa comunità che solitamente è digiuna, non solo di arte contemporanea ma generalmente di attività culturali.
L’idea è partita da qui. E volevamo che tutta la famiglia continuasse a lavorarci intorno, infatti è stato così fin dall’inizio. Perchè il singolo può avere la visione, ma poi, per passare alla parte esecutiva hai bisogno degli altri. Infatti qui ci stanno lavorando tutti: c’è chi sta seguendo la pagina di Instagram, c’è chi si occupa di accogliere gli artisti. Volevamo avviare un concetto di accoglienza differente, perchè l'artista in residenza qui ha realmente la possibilità di interagire con la comunità.
Ed è stato così fin dall’inizio anche con Thomas Berra, perché lui ha vissuto in questo spazio due settimane e in quelle due settimane c’era gente che veniva a vederlo operare fin dal mattino, e che la sera lo invitava a cena…
Ed in connessione con il territorio…
Assolutamente si. Non è un caso che Thalassa sia la prima galleria in assoluto a Porto Cesareo, aprendo a quest'opera di sensibilizzazione per l'arte contemporanea.
Quindi è la prima galleria di arte contemporanea a Porto Cesareo?
Si.
E hai scelto Luigi Presicce come direttore artistico
Non è mero campanilismo. Con Luigi siamo cresciuti assieme, ma lui è fuori Puglia da tantissimi anni ormai. E poi con Luigi avevamo già avviato, agli inizi degli anni Duemila, delle residenze importanti. Qui, ai tempi, avevamo già organizzato una residenza per cinque artisti internazionali con due curatrici…era già stata avviata, anche se era più sul territorio. Qui, invece, lo spazio è nostro, è di famiglia, quindi ci si può muovere più liberamente, senza dover attendere qualcun altro.
Come gestisci questo spazio?
La cosa che noterai è che la galleria non ha una porta. Lo spazio è aperto perchè volevamo compiere questo atti di fiducia nei confronti della comunità, cominciando ad abituare le persone del posto, gli amici, a pensare di dover essere i primi a proteggere questo spazio, perchè noi lo stiamo facendo attraverso un dono alla comunità. Per questo vorremmo che la comunità stessa si prendesse cura di questo spazio. Vorremmo anche organizzare delle visite guidate per i ragazzi delle scuole, per introdurli a questo livello di educazione. E’ importante partire da questo. Ecco, dunque, a grandi linee, le finalità di Thalassa Gallery.
A livello di programmazione l'idea è di organizzare indicativamente tre appuntamenti l'anno. Tre mostre, e poi, tra un'esposizione e l'altra, far rivivere lo spazio in diverse forme: organizzando un salotto letteraio o un concertino musicale, ma anche dei talk con l'artista o con i ragazzi delle scuole...per far rivivere la galleria in un'altra veste, attraverso altre attivitò oltre a quella espositiva.
Ma nessuno tocca le opere presenti in galleria?
Si, sono affidate al fato. Finora non è accaduto niente. Non necessariamente uno deve percepire il valore dell’opera. A volte magari può essere anche un gesto inconsapevole - una bravata, no? - che ti espone. Lo vediamo anche nei grandi musei, figuriamoci in una periferia residenziale. La cosa importante, però, è che abbiamo voluto, essendo in una periferia, avere uno livello ed uno standard qualitativo elevato, di alto profilo, perché altrimenti rischi di scadere. Ed ecco l’idea di portare e di tenere quel livello altissimo attraversi la ricerca.
Con artisti di livello internazionale...
Esattamente.
Ma li decidete insieme a Luigi?
Assolutamente si. L’idea è quella di avere almeno due artisti per volta, in modo da innescare un dialogo, e sempre, per ogni mostra, un ospite speciale. Nella prima mostra è l’ospite è stata Agnese Guido. Nella prossima, che sarà agli inizi di gennaio 2026 (probabilmente il 3 gennaio) ci sarà un altro ospite speciale.
Per quanto riguarda l’artista in mostra, Thomas Berra, è in dialogo con De Candia? Dunque avete esposto anche delle opere di De Candia?
Si, ci sono, all’interno della galleria, due lavori di De Candia. Thomas ha studiato De Candia prima di venire qui, ma noi avevamo intravisto, sia nel gesto pittorico ma anche, come è scritto nel testo di Luigi, diverse connessioni tra i due. E poi avrai modo di vedere che si innesta a loro lavori anche l’opera dell’artista ospite, Agnese Guido, che dialoga con entrambi gli artisti.
Quindi ci sono De Candia, Agnese Guido e Thomas Berra.
Però la mostra è di Thomas Berra ed Edoardo De Candia.
E realizzerete sempre questi dialoghi, tra un artista di livello internazionale ed un artista del territorio?
Questo no. Per esempio, nella prossima mostra ci saranno tre artiste: Anna Capolupo, Martina Bruni e Grazia Amelia Bellitta e l’ospite speciale sarà Carmine Pirrotta della seconda ondata della Scuola di Scilla. L’esposizione sarà in collaborazione con la Galleria Arte Toma di Reggio Calabria che hanno tantissimi lavori di Carmine Pirrotta.
Quindi Thalassa Gallery si propone come uno spazio di livello internazionale
Assolutamente si. L’idea è pensare che quello che proponiamo qui a Porto Cesareo possa reggere il confronto, a livello qualitativo, con le opere in mostra a New York o nelle capitali europee. Vogliamo fare proprio questo: reggere il confronto con qualsiasi altro posto del mondo.
E sono tutte città bellissime ma il mare che abbiamo noi non c’è da nessuna altra parte…
Infatti qui sono venuti tantissimi stranieri nei giorni scorsi perché a ottobre Porto Cesareo è frequentata da inglesi, tedeschi, francesi…
Ormai il turismo è stato destagionalizzato a causa del cambiamento climatico…
Questo incide tantissimo.
Darete anche un taglio politico-ambientale alle tematiche affrontate in galleria?
Non necessariamente. Nell’opera di Thomas Berra noterai una contaminazione tra opera e luogo, nel senso che lui, avendo vissuto poi per due settimane in una comunità così piccola, ha subito le influenze del posto, e questo lo vedrai rappresentato in alcuni lavori. Ha abitato su per due settimane, in residenza appunto. A volte andava avanti (a creare n.d.r.) fino alle 4.30 del mattino.
E queste opere sono la restituzione della residenza…
Assolutamente si.
E ci sono tante residenze in programmazione, vero?
Si, e ogni artista in residenza lascia un lavoro allo spazio. L'opera diventerà un modo per far fruire il luogo alla comunitò costantemente ed in varie forme.
Entrando a far parte della collezione permanente…
Si.
E’ bello il fatto che tutti i lavori siano site specific, in modo tale che ci sia anche una connessione concreta con il territorio, no? Perché uno crea con l’influenza dal mare, dalla natura del luogo…
E questo lo vedrai in tanti elementi rappresentati da Berra nella sua opera, perché abbiamo voluto sfruttare per l’occasione questo momento per lo spazio che in realtà attualmente è un cantiere. Nello specifico i lavori di ristrutturazione della galleria inizieranno dopo la mostra di Thomas Berra e De Candia. Abbiamo deciso volutamente di partire in questo modo perché intendevamo cogliere l’opportunità di uno spazio, diciamo, grezzo, e che potesse essere interpretato da un artista che potesse esprimersi in un contesto come questo. I lavori inizieranno a breve.
Thomas, infatti, ha vissuto la comunità, ha percepito, ha ricevuto degli stimoli, e tutto questo lo vedi rappresentato in alcuni gesti pittorici come la scritta “abbasso Bari” e “viva Lecce”, quindi il derby in ambito calcistico. Ma in questi dipinti a carboncino sul muro e sul soffitto è raffigurato anche un Santo venerato nel Salento, precisamente a Copertino, ed è San Giuseppe. E considerato dalla tradizione popolare il “Santo volante” ed in questo caso è rappresentato con un tatuaggio sul palmo della mano, simile ad uno di quelli che ha Thomas Berra sul proprio palmo. Il Santo qui fa la pipì sul lavoro di De Candia, perché De Candia, come racconta anche Luigi Presicce nel suo testo, quando andava a vedere le mostre degli altri diceva per prima cosa: “Chi è ‘sto artista di merda?”. Thomas ha giocato su questa provocazione.
Un dialogo diretto, dunque…
Esattamente. E l’unico elemento di colore in questa rappresentazione a carboncino è l’anguria.
E questo cactus..
Si, è sempre di Thomas che ha dipinto il vaso. Il cactus rimarrà in modo permanente sul terrazzo. Poi c’è l’acrilico su tela di Thomas. E due opere di De Candia, del quale si trova pochissimo su tela: è quasi tutta carta.
Ecco, lo spazio è questo. Sulla galleria ci sono tre camere del b&b di Thalassa Suites ed un terrazzo. Inoltre rimarrà traccia di ogni mostra, innanzitutto con un pieghevole. Ci sarà dunque la documentazione cartacea ma anche una parte video che trasmetteremo anche nelle camere. Un ospite che è su può andare a vedere, attraverso i video, gli artisti che si sono succeduti, cosa hanno fatto, osservare la base di una creazione, la mostra finale. La documentazione anche video verrà gestita come una sorta di archivio a disposizione di chi frequenta la struttura.
Thalassa Suites non poteva essere un classico b&b ma riflette la tradizione familiare legata al mare. Mio nonno ha fatto il pescatore per una vita e ho voluto trasmettere la memoria familiare conservata nel luogo, mantenendo tutti gli interventi fatti da mio padre e mio zio.
Quindi c’è anche un richiamo all’artigianato…
Si, e lo vedrai su nelle camere che hanno i nomi della nonna o della bisnonna, o di un colore collegato alla cucina della nonna, per esempio. E’ il concetto di memoria familiare che ritorna.
E che fai rivivere attraverso l’arte
E’ un modo per tenere in vita la memoria e restituire quelle vibrazioni a noi che abbiamo avuto quei ricordi e anche alle persone che vengono alle mostre. I visitatori percepiscono subito che non si tratta del luogo attrezzato per il turista. E questa è la soddisfazione più grande che si percepisce, restituita come riscontro.
Ed è così dovrebbe essere, perché l’arte è una cosa pura. Poi magari ci può stare che si facciano anche un po’ di affari, ma l’arte non dovrebbe essere improntata solo su questo.
E’ difficile pensare ad una realtà diversa da questa. Però questo è un modo diverso di concepire l’accoglienza, torno di nuovo lì, no? Si può accogliere in tanti modi.
Sono pienamente d’accordo, anche perché l’offerta culturale è basilare per il turismo stesso. Tu sei partito dalla tua realtà, ma questo discorso dovremmo farlo a chi governa, gestisce e fa, no?
Ognuno può fare il suo, e magari auspicare che possa essere un punto di riferimento, un esempio da emulare. A Porto Cesareo siamo in 6 mila abitanti d’inverno, ma in estate si arriva a 300 mila persone, a partire da maggio, e i numeri sono importanti. E’ solo che sono tutti concentrati sull’offerta turistica. Quando disponi di uno spazio tuo, di una cosa di famiglia, non devi dare conto a nessuno, hai questo genere di libertà per poter affrontare il percorso senza obblighi, puoi decidere in qualsiasi momento di fare quello che ritieni opportuno, non sei legato ad un affitto. Sicuramente devi sostenere il tutto, ma quella è una scelta che hai fatto alla base. In fondo, le passioni sono sempre un investimento su se stessi.
Come mai hai deciso di investire culturalmente in un territorio non facilissimo come il nostro? Anche se ora la Puglia è diventata una bella piazza, una realtà nell’arte contemporanea
Da quando sono nato mi sono dovuto spostare per ogni cosa. Chi vive qui deve spostarsi per ogni cosa. Ti faccio degli esempi pratici: se devo acquistare un libro, devo andare fuori Porto Cesareo perché non esiste una libreria.
Se devo andare al cinema, stessa identica cosa. Se devo portare i ragazzi a fare sport devo andare fuori da Porto Cesareo. Quindi, per ogni cosa, la gente del posto è abituata al fatto che deve mettersi in macchina e andare altrove. Volevo per una volta innescare un meccanismo inverso. Mi piacerebbe che venissero da fuori a vedere qualcosa di unico a Porto Cesareo, che non sia solo la passeggiata domenicale o il ristorante. Una mostra che esiste solo qui, a Porto Cesareo. Vorrei che si innescasse questo meccanismo, per cercare di far capire ai ragazzi di Porto Cesareo che si può lavorare in questa direzione.
E che non dobbiamo per forza andare fuori per lavorare…
Esattamente. E’ ovvio che, a volte, ci vuole un po’ di follia, perché questa è una donazione a tutti gli effetti. Però sono convinto che, prima o poi, qualcuno dovesse iniziare. L'idea è provare a mandare un messaggio e dire: "non esiste solo il business". Perchè ci stiamo impoverendo di tutto. Provate a pensare che questi ragazzi avranno a che fare, tra poco, con altri soggetti che non sono umani. E sarà sempre più dura.
Qual è la tua concezione dell’arte nella società liquida, caratterizzata dall’ipertecnologizzazione, dall’invasione dell’Intelligenza Artificiale, ma anche da una modalità di comunicazione che ha sostituito il rapporto umano?
Mi sono avvicinato all’arte contemporanea grazie a Luigi, ovviamente, ma la cosa più bella è stata entrare in relazione con gli artisti. A quei tempi avevo un doppio lavoro, anche una disponibilità che mi consentiva di cominciare ad acquistare le opere dei giovani artisti come forma di supporto a questi ragazzi che stavano avviando il loro percorso, quindi la mia interazione con l’arte contemporanea è nata così, proprio dal rapporto con l’artista. Riuscire a vedere dietro le quinte, avere modo di capire il processo creativo…Quindi mi sono ritrovato nel tempo, banalmente, ad essere etichettato come collezionista, se volessimo dare una connotazione.
Beh, ma è così che si inizia, come collezionista e poi come gallerista…
Si, però è iniziato e continua ad essere quello, non è stato mai una forma di tentativo di speculazione o di acquisto per altre ragioni. No. E’ stato sempre un modo di supportare quell’artista spronandolo ad andare avanti con un contributo. Dunque oggi non riesco ad immaginare un modo diverso di vivere l’arte. Ho bisogno di quel rapporto, ho bisogno che l’artista venga qui a stare con noi, ad interagire con noi, e allora temo che sarò “condannato” a vivere con l’essere umano.
E ma è bello così, perché pochi hanno questa volontà di ricerca…
Ma anche quando vado a comprare un libro, come ti ho detto con l’esempio di prima, non vado mai in un megastore: vado dal mio libraio che ha una libreria a Nardò e col quale passo due ore e mezza prima di acquistare il mio libro. Lo so che se dovessi ordinarlo su Amazon lo pagherei il 30% in meno e mi arriverebbe il giorno dopo. Invece solitamente vado a Nardò per cercare un libro che magari non c’è e che devo ordinare, dunque devo ritornare in libreria e magari mi costa tre volte. Ma sono stato lì, ho passato il tempo con il libraio, che nel frattempo mi ha fatto scoprire altro e ho comprato altri tre libri…
Il rapporto umano è indispensabile.
Ecco, dunque, l’arte intesa, finalmente, come ricerca fine a se stessa, senza la necessità di legarla al business, necessità è sintomo di un sistema che secondo me è diventato marcio. Magari ci sono collettivi o realtà che nascono con questi intenti, ma poi arrivano ad inseguire altri obiettivi e a diventare istituzionali, inglobati nel sistema.
Allora, il primo tabù che abbiamo sfatato quando abbiamo fatto l'opening della mostra di Thomas e De Candia è stato quello di convincere alcune persone che non stavamo vendendo nulla, che non c'era un secondo fine. Perchè magari qualcuno ha pensato "quando arriva la proposta?".
Perchè tutti vogliono vendere qualcosa…
Quando hanno capito che non stavamo vendendo niente sono rimasti tutti… (sorpresi n.d.r.)
Quindi non c’è neanche in prospettiva l’idea di vendere attraverso le esposizioni…
Non ho la sfera di cristallo, quindi non so che piega prenderà il progetto, però non c’è preclusione verso niente, ci mancherebbe altro, la prima cosa è non mettere paletti.
Però Thalassa Gallery nasce così, con questo intento di divulgazione dell’arte tout-court. E anche il tipo di programmazione è impostato in questo modo
Visto che la gente del posto non sarebbe disposta ad andare fuori a cercare l'arte contemporanea, vorremmo, invece, dato che nessuno si muove per questo - è quasi impensabile - portare loro, in casa, qualcosa che non sarebbero disposti a vedere altrove. La sfida è proprio questa.
Poi, perché no, si potrebbe pensare anche ai turisti, e ce ne sono tanti…
Si, ma anche dare loro un minimo di respiro, una proposta che non sia come quelle che solitamente troviamo sulle pagine pubblicitarie. Direi di andare oltre a quel concetto di turismo solo come buon cibo e comfort.
E pensare all'offerta culturale non solo in relazione al turismo, ma concependo l'arte anche in funzione pedagogica, data l'importanza dell'educazione dei ragazzi in questo senso...
L’idea è di partire esattamente da loro: vorremmo andare noi nelle scuole e portare i ragazzi ad approcciarsi all’arte contemporanea. Con un percorso educativo, di sensibilizzazione. A maggior ragione in una realtà, in una comunità come questa, nella quale i ragazzi hanno poco da fare, nel senso che quando girano per il paese si annoiano. O ce li ritroviamo chiusi nelle camere, e, anche se ci proponiamo di portarli fuori, alla fine fuori non c’è niente. E allora anche lì, il movimento deve partire sempre da noi: dobbiamo essere noi a provare a prendere una quota di questi ragazzi e man mano farla crescere con la speranza di ottenere una sensibilizzazione, una consapevolezza…
Dunque andrete voi a parlare nelle scuole…
Assolutamente si, iniziando dalle scuole medie ed elementari di Porto Cesareo.
E’ un bel progetto, che denota generosità verso il proprio territorio. Per quanto riguarda poi i linguaggi degli artisti che scegliete avete delle preferenze? Per esempio, per quanto riguarda gli artisti che si interfacciano con le nuove tecnologie, li escludete a priori o no?
No, non c’è nessuna preclusione nei confronti di nessuno, ovviamente poi, grazie al lavoro, all’approfondimento, alla ricerca di Luigi Presicce c’è un determinato percorso che immaginiamo. La prossima mostra proporrà dei lavori completamente diversi da quelli esposti attualmente.
L’arte, a tuo avviso, è rivoluzionaria?
L'arte è sempre rivoluzionaria. Sempre. Per me lo è sempre. Oggi è sempre più faticoso perché continuiamo a cullarci sempre di più, e forse c’è una forma di involuzione per alcuni versi, più che di evoluzione. E l'arte serve esattamente a questo: a scuotere, a ricordarci chi siamo, dove siamo.
Ecco perchè mi sento a posto anche nei confronti di ciò che rappresenta questo posto: è rivoluzionario, anche come progetto.
Cecilia Pavone
I crediti delle foto sono di Davide Faggiano









