LOBODILATTICE

La mostra antologica di Angelo Filomeno a Lecce

Il Must ospita oltre sessanta opere dell’artista salentino, tra i più originali del panorama contemporaneo, che innesta la tradizione sartoriale pugliese all’arte contemporanea

L’estetica del thanatos, l’armonia eraclitea degli opposti, la fusione di tradizione e innovazione, declinate attraverso la ricercata eleganza dei ricami, permeano la poiesis di Angelo Filomeno (Ostuni, 1963). Il Must di Lecce dedica all’artista salentino, ormai italoamericano, la prima mostra antologica Angelo Filomeno. Works. New Millennium, a cura di Massimo Guastella. Oltre sessanta opere realizzate dal 2001 al 2023 tra ricami, disegni, acquerelli, sculture e installazioni, narrano il percorso artistico di Filomeno, considerato dalla critica uno dei più originali autori del panorama contemporaneo nazionale ed internazionale. Il catalogo che accompagna l’esposizione, edito da Sfera Srl – Must Edizioni, è curato da Massimo Guastella, e contiene i testi critici di Lia De Venere, dello stesso curatore, di Vittorio Sgarbi, della direttrice del Must Claudia Branca, oltre agli apparati filologici curati dalle ricercatrici dell’Università del Salento Alessia Brescia, Erika Presicce e Cristina Sergi.

Fin dall’infanzia, trascorsa a San Michele Salentino, Filomeno apprende le tecniche della tessitura grazie alla madre ricamatrice, che lo affida al sarto Roberto De Pasquale e, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Lecce, mette a frutto il sapere acquisito prima a Milano, dove lavora per le più grandi griffe della moda e poi, dal 1992, a New York, dove esporta l’arte sartoriale pugliese realizzando costumi per il teatro ed il cinema per la Carrelli Costumes di Manhattan. Espone in numerose mostre internazionali, tra le quali la 52° Biennale di Venezia, che lo consacra nel sistema dell’arte contemporanea e, più di recente, al Mart di Rovereto. Senza mai dimenticare le proprie radici identitarie, Filomeno sperimenta, agli inizi del nuovo millennio e dopo “esplorazioni concettuali”, quelle “pitture ricamate” che costituiranno la sua peculiare cifra stilistica, realizzate con l’inseparabile macchina da cucire Singer. Come chiarisce Massimo Guastella, si tratta di un “originale utilizzo della macchina da cucire come medium, che annulla la distanza tra arte maggiore e arte minore, estendendo il ventaglio fenomenologico degli esiti”. Molto particolari i soggetti ritratti in questa fase della produzione di Filomeno che evoca, come sottolinea Claudia Branca, atmosfere “oniriche, arcaiche e tribali”.  Scarabei, pavoni, libellule, fauna marina, scorpioni e scarafaggi: un “bestiario” contemporaneo composto da animali archetipici dell’inconscio collettivo, ma anche da creature mostruose cucite e ricamate “con fili di seta e metallici su supporti di shantung, lino, iuta e più di recente denim e mussole”, come precisa Lia De Venere e adornate da “cristalli, quarzi e onici”. Ma ci sono anche maschere africane, teschi, scheletri dai lunghi artigli. Filomeno crea così immaginari macabri e affascinanti, che richiamano l’ineluttabilità di Monna Morte. Sono Memento mori e vanitates contemporanei, caratterizzati da un paradossale contrasto tra gli abissi del thanatos e la vitalistica ricercatezza artigiana. Come sottolinea Vittorio Sgarbi, “La sua fantasia è vertiginosa, e restituisce anche la morte alla vita”.

Lontano dall’estetica della morte nella poetica di Hirst che, come spiega Lia De Venere “è data, è tautologicamente costruita, priva di mistero e dunque carente di appeal”, Filomeno prosegue il suo percorso, a partire dal 2020, con la creazione di paesaggi minimali, tra i quali spiccano fienili della campagna americana, tendoni di circhi e orizzonti lunari cangianti.