L’esplorazione del rapporto tra arte contemporanea e natura è al centro della poetica di Dario Giancane (Arnesano – Lecce, 1982), artista che, nell'alveo di una sperimentazione incessante, si esprime soprattutto attraverso il linguaggio della scultura, con una predilezione per le leghe metalliche e, in particolar modo, per il ferro battuto. Nel 2019 l’artista ha ideato e realizzato “Materdomini”, museo a cielo aperto ubicato nella Valle della Cupa di Arnesano, in provincia di Lecce. Concepito come luogo di ricerca per l’arte contemporanea in base al legame atavico - culturale e fisico - con il territorio, Materdomini nasce per valorizzarne la storia e la memoria, ospitando mostre e installazioni ambientali dello stesso Giancane, ma anche di tanti altri artisti.
Dario Giancane ha inoltre recentemente pubblicato la sua prima monografia dedicata al museo di Arnesano, intitolata “Matedomini - visione di un luogo nel contemporaneo”. Per la rubrica “Focus on artist”, Lobodilattice lo ha intervistato, al fine di approfondire la genesi e i contenuti del suo progetto.
Com’è nato il progetto del Museo Materdomini?
Viene pensato e si concretizza nel 2019, principalmente per salvaguardare un luogo, Borgo Materdomini in agro di Arnesano. Ho vissuto gran parte della mia vita nella casa in campagna dei nonni materni, ultimi abitanti del luogo fino al 2023. La mia missione a Materdomini è un esempio di come l’arte possa essere un ponte tra il passato e il presente, riportando in vita non solo luoghi fisici, ma anche ricordi e storie che rischiano di essere dimenticate. La morte del nonno, segna non solo la fine di una vita, ma anche il tramonto di un’era per Materdomini. Con lui, il borgo perde il suo ultimo abitante e il guardiano dei suoi ricordi più profondi. Lascia un vuoto palpabile nel borgo, trasformando Materdomini in una sorta di fantasma del suo passato glorioso. Consapevole quindi dell’importanza di preservare il luogo e il suo sentimento, decido di intraprendere un’iniziativa audace e creativa: recuperare una vecchia cava di estrazione del tufo abbandonata e trasformarla in un museo a cielo aperto d’arte contemporanea. La visione consiste nell’installare opere, sia mie che di altri artisti, per creare un’esperienza artistica unica nel cuore del borgo. Recuperare la vecchia cava di tufo richiede impegno e lavoro duro, ma sono determinato a trasformare questo spazio in un centro culturale e artistico. La storia e la tradizione, particolarmente in Italia, ha accumulato i contributi dell’estetica, della storia dell’arte, della sociologia, della pedagogia, della geologia, pedologia e dell’archeologia dei paesaggi umani e di numerose altre discipline specifiche che oggi, più di ieri, vengono in contatto con le sollecitazioni e le sfide di settori fino a poco tempo fa ancora molto distanti. Per questo lo studio e la poetica dell’intervento si divide in due parti: la prima incentrata sulle teorie che hanno tentato di indagare il bene culturale e di offrire dei modelli teorici, nonché sulle poetiche espositive e sui canoni che le istituzioni prediligono nel creare uno spazio espositivo, sia esso temporaneo che permanente; la seconda, a partire dai risultati di diverse esperienze e ricerche empiriche, indaga gli ambiti di consumo dell’oggetto artistico e analizza il bene culturale mediato dalle nuove tecnologie, concentrando gli sforzi della ricerca sul campo delle metodologie qualitative e quantitative. Diversi artisti, diverse storie.
Come nasce e come si sviluppa, a tuo avviso, il rapporto tra arte e natura?
Il rapporto tra arte e natura oggi si sviluppa all’interno di una dinamica complessa, in cui la visione tradizionale della natura come semplice oggetto di rappresentazione si trasforma in un dialogo profondo e reciproco. L’arte contemporanea, infatti, si pone sempre più come strumento di riflessione critica sul nostro impatto sull’ambiente e sul mutamento in atto nel paesaggio naturale, che oggi è segnato da fenomeni globali come il cambiamento climatico e la crisi ecologica. In questo contesto, l’arte non si limita più a riflettere la natura, ma diventa un mezzo attraverso il quale si esplicitano le sfide e le contraddizioni del nostro rapporto con il mondo naturale. Nel mio lavoro, il rapporto con la natura si esprime attraverso un linguaggio scultoreo che, pur essendo principalmente ancorato alla materia, lascia spazio a una continua osmosi tra la creazione artistica e gli elementi naturali. Utilizzo principalmente il metallo, un materiale che per sua natura è soggetto a processi di trasformazione, come l’ossidazione, che evoca il lento, inesorabile passaggio del tempo e l’influenza degli agenti atmosferici. Questa mutazione continua, che io stesso indirizzo e stimolo, rappresenta la capacità della natura di adattarsi e cambiare, ma anche la sua vulnerabilità, che è divenuta evidente in seguito all’intervento umano. In quest’ottica, l’arte diventa un atto di testimonianza e di interrogazione, un modo per riflettere sulla nostra responsabilità nei confronti di un paesaggio che sta cambiando rapidamente e in maniera irreversibile.
Come mai hai scelto questo nome per questo museo a cielo aperto?
Il nome Museo Materdomini è nato principalmente come un modo per rinominare e ridare significato al luogo in cui il museo è situato. La Valle della Cupa, un’area ricca di storia e di paesaggi suggestivi, aveva bisogno di un’identità che potesse racchiudere il legame profondo tra il territorio e l’arte contemporanea. Materdomini evoca il concetto di “madre”, richiamando la natura come elemento primario e fondamentale, ma anche il “dominio”, che rappresenta l’idea di un luogo che non è solo un semplice spazio, ma un territorio che merita attenzione e cura. Il progetto riflette l’intento di restituire un’identità forte al territorio, unendo la potenza della natura con il processo creativo che avviene nel museo. Sebbene il nome abbia una connotazione simbolica, è anche un modo per radicare il museo nel paesaggio, per dargli una nuova vita e una nuova visione. In questo spazio, l’arte e la natura si intrecciano in un continuo dialogo, e il nome Materdomini rappresenta proprio questo incontro tra il passato, la storia del luogo e la sua trasformazione.
In che modo concepisci il legame tra arte contemporanea, memoria e territorio e come si concretizza?
Il legame tra arte contemporanea, memoria e territorio è un processo dinamico e fluido, in cui l’arte diventa il medium attraverso il quale si esprime e si rielabora la memoria storica di un luogo. La memoria non è un concetto statico, ma un intreccio di racconti, tradizioni e cambiamenti che il territorio conserva nel suo paesaggio. L’arte contemporanea, quindi, non solo riflette questo patrimonio, ma lo reinventa, lo rende vivo e lo proietta nel presente e nel futuro. Il territorio, con le sue specificità culturali e storiche, offre una base tangibile su cui l’arte può radicarsi, ma al contempo è trasformato dall’intervento artistico, che lo arricchisce e lo rinvigorisce. In questo modo, l’arte contemporanea diventa uno strumento di dialogo continuo tra il passato e il futuro di un luogo, mettendo in relazione le tracce di una memoria collettiva con le nuove esperienze che il territorio genera e continua a generare.
Quali sono state le iniziative principali intraprese finora al Museo Materdomini e quali sono i progetti artistici in programma?
Il Museo Materdomini ha intrapreso numerose iniziative significative sin dalla sua nascita. La prima opera permanente, “Menhir 2021”, una mia installazione che ha segnato l’inizio di un percorso che ha visto il coinvolgimento spontaneo di diversi artisti. Tra le iniziative principali, spicca la realizzazione della residenza d’artista per il mosaico ceramico “Mater Domini”, realizzato insieme a Orodè Deoro e Dario Dieci. Questo mosaico, lungo 15 metri lineari, rappresenta uno degli esempi più significativi di collaborazione. Inoltre, la performance dell’artista Alessia Tondo che ha dato il via al primo, di una serie, di documentari che esplorano l’evoluzione del museo e delle sue attività di dialogo con il luogo. Gli artisti che hanno partecipato e dato un loro contributo a questo progetto nei primi 5 anni, sono: Alessia Tondo, Orodè Deoro, Camilla Filograna, Dario Dieci, Dario Giancane, Roberto Rossi, Andrea Novembre, Riccardo Matlakas, Paolo Ferrante, Andrea Margiotta, Romualdo Gerardi, Gabriele Pici.
Con la loro diversità e le loro singole visioni, contribuiscono a creare una mappa in continua evoluzione di ciò che l’arte contemporanea è, e potrà essere. Essi non solo raccontano storie, ma invitano alla partecipazione, al dialogo e alla riflessione collettiva, chiedendo a ciascuno di noi di confrontarsi con le domande che il nostro tempo solleva. Per il futuro, il Museo Materdomini continuerà a evolversi come centro di innovazione e sperimentazione artistica. Sono in programma nuove residenze d’artista, che permetteranno di arricchire ulteriormente il dialogo tra gli artisti e il territorio, e progetti collaborativi che uniscono diversi linguaggi creativi. Il museo si prepara anche ad ampliare la sua offerta di eventi e documentari. Con un forte impegno verso l’innovazione e l’interazione con il pubblico, il Museo Materdomini guarda al futuro come un luogo sempre più immersivo e coinvolgente.
Com’è strutturato il libro dedicato a Materdomini?
Il libro su Materdomini esplora la storia, l’arte contemporanea e il territorio, iniziando con una riflessione sulla visione del luogo nel contesto attuale. Si approfondisce Villa Grassi e il Borgo Materdomini come esempi di organizzazione rurale, tra utopia e realtà, collegando il passato al presente. Un focus importante è dedicato a Giuseppe e Vittoria Grassi, figure centrali nella storia di Materdomini, e ai racconti che ne definiscono l’identità. Il libro esplora anche il rapporto tra la natura e la creatività, evidenziando come l’arte contemporanea interagisca con il paesaggio. Il Museo Materdomini emerge come uno spazio innovativo, non solo come luogo di esposizione, ma come esperienza sensoriale e cognitiva. L’arte contemporanea viene analizzata come strumento di innovazione, con il museo che rappresenta un modello per il futuro dell’arte. Il contributo della tecnologia nell’arte viene esplorato attraverso esempi concreti. L’opera si conclude con una riflessione sul significato di Materdomini, sottolineando il ruolo del museo come punto di riferimento per l’arte contemporanea, un luogo che rinnova la tradizione attraverso l’innovazione. Il libro offre una visione complessa e multidisciplinare, collegando storia, arte e tecnologia per offrire una comprensione profonda di Materdomini.
A tuo avviso, l’arte è rivoluzionaria?
L’arte ha un potenziale rivoluzionario, ma la sua rivoluzione non è sempre evidente o immediata. Non è necessariamente un atto di rottura o di cambiamento violento, ma può manifestarsi come un processo sottile di trasformazione culturale, sociale e individuale. L’arte ha la capacità di stimolare nuove prospettive, di mettere in discussione i paradigmi consolidati, di sollevare domande cruciali e di creare nuove narrazioni che sfidano la visione dominante. La sua forza risiede nella capacità di parlare direttamente all’individuo e alla collettività, di attivare processi di riflessione critica e di cambiamento nei modi in cui vediamo e viviamo il mondo. In un periodo storico in cui le certezze sembrano vacillare e i valori sono in continua evoluzione, l’arte offre una forma di resistenza culturale, un mezzo per interrogarsi, per esprimere disaccordo e per proporre alternative. In questo senso, l’arte può essere considerata rivoluzionaria non tanto per la sua volontà di distruggere l’esistente, quanto per la sua capacità di dare voce a ciò che spesso resta inascoltato e di forzare i confini del pensiero e della percezione, spingendo la società a guardare oltre il presente.
Biografia
Dario Giancane, nato nel 1982, vive e lavora ad Arnesano, in provincia di Lecce. Artista e professionista del settore creativo, ha sviluppato una carriera eclettica, operando in diversi ambiti dell’arte, con una forte propensione alla sperimentazione e all’innovazione. Le sue opere, principalmente scultoree e realizzate con metalli, sono presenti in collezioni private e pubbliche. Attualmente è rappresentato dalla galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni.
Il linguaggio artistico di Giancane si concentra sull’osservazione della natura e dei suoi cambiamenti, in particolare quelli legati agli eventi contemporanei come i cambiamenti climatici. Attraverso una riflessione profonda sul paesaggio in trasformazione, l’artista utilizza anche la pittura con la tecnica delle ossidazioni su lamiera ferrosa per raccontare visivamente questo mutamento. Le sue opere evocano il continuo dialogo tra l’uomo e la natura, indagando il modo in cui la materia si trasforma sotto l'influenza del tempo e degli agenti esterni, creando una fusione tra arte e ambiente che sottolinea la fragilità e la dinamicità del nostro mondo.
Nel 2019, Giancane fonda il Museo Materdomini, un centro di ricerca e studio dedicato all’arte contemporanea, situato nel cuore della Valle della Cupa, ad Arnesano. Questo spazio si distingue per il suo approccio integrato, dove le installazioni artistiche, proprie e di altri artisti, si fondono con il paesaggio circostante. Il museo promuove un dialogo tra arte, natura e territorio, incoraggiando la ricerca e l’esplorazione della materia in un contesto che valorizza l’identità storica e culturale del luogo.
Nel febbraio del 2025 pubblica la sua prima monografia “Materdomini - visione di un luogo nel contemporaneo”.