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ARTISTA D'INCHIESTA!

ARTISTA D'INCHIESTA!

Non amo il mondo degli artisti, quello del professionista che s'impone sull'altro nel nome del "lei non sa chi sono io", pare pratichino l'arte per essere qualcuno.
Essere è il prerequisito dell'artista, l'artista è già artista, l'artista costretto a fare per essere ciò che dice d'essere, non sa stare con se stesso, non sa praticare e neanche praticarsi, non sarà mai libero d'impostare una sua ricerca di senso.
Praticare l'arte al punto d'essere linguaggio dell'arte, vuole dire esercitare il processo della domanda, il Koan, quello che non si può descrivere intellettualmente, ma passa per l'esperienza diretta:
all'artista non serve dare risposte, la sua messa a fuoco è sulle domande, è l'esistenza ad alimentarne la coscienza, la prospettiva è il suo punto di vista, non troverà mai le risposte nei Licei o nella Accademie d'Arte, se fortunato imparerà a porre e a porsi delle domande, domande che saprà custodire nella mente, nel cuore e nella pancia.
La ricerca di un artista si forma in campo aperto, non in una struttura limitata e confinata da ruoli e professioni, il suo atteggiamento dovrebbe essere quello dell'inchiesta aperta, la sua curiosità il motore della sua inchiesta, dovrebbe per questo evitare di controllare il proprio linguaggio sapendo la tecnica.
Questo è quello che consente all'artista d'essere tale, il vivere senza paura, nel nome del desiderio di conoscere se stessi essendo se stessi, l'artista che non coltiva l'intimità con se stesso è un narciso, uno che vive della dimenticanza della sua natura.
L'artista narciso non ha nulla di patologico, se non il vivere senza essere capace d'autoriflessione e introspezione, dipende dal riflesso esterno, dal pensiero di come sarà esteticamente alla presentazione della sua mostra, vivrà nella paura della sua immagine (o di essere fedele a lei), la sua sarà una vita priva d'intimità e verità, il suo lavoro solo idee, opinioni, punti di vista e credenza, solo estetica fondata su dati tecnici e protocollo eseguito.
L'artista che conosce la sua intimità, sa muoversi a contatto con la sua paura, sa conoscerla, riconoscerla, sentirla, deriderla, contrastarla, inseguirla, seminarla, abbracciarla, evitarla, la tratta come materia plastica e duttile.
L'artista non teme la morte, sa che la paura della morte non è un fatto naturale, è un fatto culturale, vive con lui una cultura spirituale, primitiva e antica, dove non esisteva una separazione energetica tra vita e morte.
La spinta è nella psiche, scuote il corpo e ne agita le emozioni, vive nella psiche la nostra anima animale, la nostra unicità e autenticità passa per la nostra irrazionalità, l'artista si rivela nel suo mistero tradotto in forme, gesto dopo gesto, momento dopo momento, istinto dopo istinto, tensione dopo tensione che si traduce in comprensione, in questi step c'è la complessa unicità dell'artista animale.
L'artista impavido non ha necessità di trame e segreti, non si nasconde, non pretende d'essere diverso da quello che è, sa spostarsi in un campo operativo più ampio di quello dell'abitudine professionale, ama la brezza del rischio creativo con l'eccitazione e l'innocenza di chi non ha obiettivi prefissati.