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Il mio mercato dell'arte!

IL MIO MERCATO DELL'ARTE!

Il mercato dell'arte serve all'artista, in quanto artista il mio è un lavoro e ha sempre un prezzo.

Ma il mercato dell'arte ha senso quando è finalizzato al produttore, ossia lo stesso artista.
Il prezzo di mercato del mio lavoro non può essere imposto e neanche intermediato, dico questo perché il prezzo dell'arte è incrocio tra la richiesta dell'artista e l'accettazione o controproposta dell'acquirente, quando ci s'accorda c'è il prezzo.
Scrivo questo, perché in una materia complessa come quella dell'arte, il valore prima che economico, è sempre sociale, affettivo e simbolico.

Il mio mercato dell'arte è qualcosa di naturale, funziona come un tempo funzionava l'ortofrutta, quella con prodotti di stagione, non quella della globalizzazione dove si trova tutto ciò che si vuole perché quando qui c'è una stagione, da qualche parte c'è un'altra stagione.

Quando il prodotto diminuisce, in quanto invenduto e senza mercato, diminuisce anche il prezzo, applicate questo ragionamento ad artisti che presentano da decenni lo stesso lavoro in mostre differenti, e capirete quanto il loro prodotto sia avariato.

Certo il mercato, e il valore oggettivo dell'arte, non scade come la frutta di stagione, ma è servo della tracciabilità, ed è proprio la tracciabilità, l'acquisizione diretta dall'artista a determinarne il valore, il prodotto non tracciato col tempo diventa dubbio, non autentico anche se scaduto (per quanto autentico), non è incredibile?

Per questo il mio mercato non arriverà mai imposto dall'alto, ho sempre fatto in modo che fosse quanto più aperto è possibile, non si può accettare che la bellezza linguistica e processuale dell'arte, sia solo una questione di portafoglio, è un'esperienza fatta del contemplare e contemplarsi.

Il principio di fondo linguistico dell'arte è che siamo in movimento, se muoviamo il pensiero, in più si pensa al mercato, più il mercato esiste per tutti.

Nella pratica, le regole del mio mercato, fanno capo soltanto a me, non avere un mercato a dimensione personale, comunque non eviterebbe al mio lavoro d'avere mercato senza di me, non ci fossi, ne disporrebbero degli aventi diritto (arrivano sempre da qualche parte) e comunque farebbe capo a chi ne è in possesso, normale che sia, è un investimento per terzi, al momento sono proprio io, ad arginare con la mia ingombrante presenza il mio mercato, calibrandolo su di me, che sono l'unico produttore e distributore di ciò che elaboro in real time.

L'artista in fondo è un pubblico decisore, che con le sue politiche può rigenerare la comunità edificando il bene comune.

Libero mercato vuole dire proprio questo: a monte c'è la qualità "stagionale" del lavoro prodotto, solo questo determina la virtuosa e legittima concorrenza tra ricerche artistiche, legittimando e relazionando contesti e territori operativo culturali differenti.

Il vero mercato dell'arte non è quello delle case d'aste, non è accessibile e confina l'arte a una minoranza privilegiata; non è neanche quello delle gallerie, dove l'affare è sempre del gallerista, che spesso non conosce neanche la storia di chi propone; le fiere d'arte? Contenitori dove in vendita è lo spazio galleristico e non il lavoro dell'artista.

Nel mio sistema ci sono io, l'acquirente/collezionista, lo spazio pubblico e il pubblico, il resto non è mercato dell'arte, ma soltanto privatizzazione che specula sull'intermediazione di ciò che è pubblico.