Alessandro Giorgetti
Personaggio eclettico, artista, poeta e cantautore, Alessandro Giorgetti nasce a Messina nel 1970 in una famiglia di musicisti, che forse ne indirizza il percorso verso il mondo dell’arte. Il suo percorso inizia nel 1981, quando comincia a partecipare alle prime manifestazioni canore e a dipingere. Lungo la sua carriera, l’attività di cantautore prosegue in parallelo con quella di pittore, il cui percorso lo porta ad avvicinarsi sempre più al linguaggio dell’Espressionismo astratto, ed in particolare, al grande maestro lettone Mark Rothko. Dopo aver terminato gli studi parte alla volta di Milano, in cerca di fortuna nel mondo della musica. Tornato nella sua città natale, carico di delusione nei confronti delle case discografiche, decide di dedicarsi interamente all’arte, producendo, agli inizi degli anni Novanta, la serie delle Descrizioni allo specchio, 15 opere ad olio e carboncino legate a poesie in lingua antica. Nel frattempo, riprende il suo lavoro nel campo musicale, grazie alla fondazione di un nuovo gruppo, i Mac py 100 e ai successi nella carriera da solista.
Con il definitivo trasferimento a Milano, vengono abbandonati quasi tutti i progetti musicali e l’artista decide di concentrarsi esclusivamente sulla pittura, incontrando numerose soddisfazioni. Alessandro Giorgetti è un autodidatta, a ispirare le sue opere sono certamente l’Espressionismo astratto e il linguaggio pittorico di Rothko, giocato sull’estrema attenzione nei confronti dell’indagine cromatica. Le sue opere sono contraddistinte dalla firma su entrambi i lati, che danno così la possibilità all’osservatore di partecipare in prima persona scegliendo a proprio gusto come posizionare la tela. Ad accomunare l’artista al proprio maestro ispiratore sono anche le coincidenze, infatti, l’anno di nascita di Giorgetti coincide con quello di morte di Rothko. Egli, servendosi principalmente di colori a olio e acrilici, realizza opere che vogliono collocarsi lontano dai parametri scolastici, considerando l’arte come una magia libera da contaminazioni. Sulle tele le grandi campiture cromatiche, giocate sui contrasti e gli accostamenti delle due tonalità dominanti, creano un’atmosfera in grado di catturare l’osservatore, coinvolgendolo nelle emozioni, così come le percepisce l’artista stesso. Il momento per lui più difficile è l’apposizione della firma, la quale concretizza la fine del suo rapporto con l’opera d’arte. Molto apprezzato dalla critica contemporanea, sta ottenendo un ottimo successo di mercato ed è richiestissimo soprattutto dal collezionismo americano.