MAKE ART NOT WAR Paola Cordischi, Claudio Marani, Mauro Tiberi
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MAKE ART NOT WAR Paola Cordischi, Claudio Marani, Mauro Tiberi
Comunicato
In un tempo in cui la guerra è tornata a dettare il ritmo del mondo — guerra dichiarata, guerra economica, guerra psicologica, guerra dell’informazione — fare arte non è più un atto neutro. È un posizionamento. È prendere parola. È resistere.
MAKE ART NOT WAR riunisce tre artisti — Claudio Marani, Mauro Tiberi, Paola Cordischi — che con linguaggi differenti ma complementari costruiscono un dispositivo estetico e politico di attenzione, ascolto e interrogazione. La mostra non offre slogan, ma un campo immersivo, un “campo sensibile”, in cui immagini, voci e simboli vengono sottratti alla retorica del potere e riattivati come strumenti critici, rituali e comunitari. È un evento multimediale, un concerto di suoni e immagini per celebrare la pace. La scelta di vita artistica si pone come radicalmente opposta alla guerra: gli artisti diventano costruttori di pace, proponendo un’esperienza che non è propaganda, ma inquietudine, interrogazione e possibilità di relazione.
Claudio Marani — Politiche della Luce
Artista multidisciplinare, Marani lavora sulla luce come materia politica. Le sue videoinstallazioni non sono mero scenario, ma architetture percettive che chiedono allo spettatore di assumere una posizione. Le proiezioni non solo accompagnano la musicalità di Tiberi, ma reagiscono alla sua voce, fino a essere generate da essa attraverso l’intelligenza artificiale. Ne risulta un happening magico dove la tecnologia non è fine a sé stessa, ma profondamente integrata al messaggio e all’estetica dell’artista. La luce diventa linguaggio critico: mostra ciò che normalmente resta invisibile — ferite, tensioni, memorie, domande che non trovano pace.
Mauro Tiberi — La Voce come Insurrezione
La pratica vocale di Tiberi — tra canto armonico, vocalità sacra orientale, tradizioni rituali e drone music — agisce come forza primordiale e collettiva.Le sue improvvisazioni si muovono intorno alle parole Om, Salam, Shalom, Pax, Mir, evocando linguaggi arcaici e fondendo sonorità di etnie diverse. Ne nasce un canto di pace tra popoli lontani nel tempo e nello spazio, che suggerisce una fratellanza universale. La sua voce non grida, ma penetra. Non convince né seduce: trasforma. È un contro-discorso alla retorica bellica, un territorio acustico che unisce invece di dividere.
Paola Cordischi — Le Bandiere, L’Immaginario Strappato
Le FLAGS di Cordischi sono tessuti poveri e riciclati che mischiano simboli di nazioni diverse, togliendo alle guerre senso e motivo. La sua personale KAOS riflette la crudeltà e l’assurdità dei tempi contemporanei. Le bandiere diventano segni vulnerabili, icone decostruite, domande aperte. Esposte accanto alla luce di Marani e immerse nella vibrazione vocale di Tiberi, restituiscono all’arte la sua funzione perturbante e comunitaria. Una politica dell’arte che non è propaganda
In MAKE ART NOT WAR l’arte non si sostituisce alla politica — la inquieta. Non prende posizione per una parte, ma contro una logica che semplifica, divide e militarizza lo sguardo.
Gli artisti costruiscono un’esperienza immersiva che restituisce al pubblico la possibilità di un’altra percezione, di un altro linguaggio, di un’altra relazione con l’altro. La mostra è un invito a sospendere la narrazione dominante e ad abitare uno spazio di complessità, fragilità e risonanza. Non è un manifesto. È un campo di forze. Una soglia. Un luogo in cui la pace non è un’utopia, ma un esercizio percettivo.
Un evento per dire con l’arte un deciso NO alla guerra, perché la pace si costruisce e si difende in tempo di pace.
Enrica Benedetto
Come arrivare
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