LOBODILATTICE

UNA SEDIMENTAZIONE PSICANALITICA PER I "PUNTELLI" DEL SIMBOLISMO

A Vitorchiano (VT), è aperta dal Dicembre 2021 “La Prima Stanza” Home Gallery, che raccoglie le opere degli artisti Fabio Maria Alecci e Gianluca Esposito. Esteticamente, a loro interessa contaminare il pop grazie all’immaginario. Sognando, accade che i pensieri personali s’accavallino gli uni sugli altri, e casualmente. O forse l’inconscio è collettivo, come sosteneva Jung, così da sedimentare i meri simboli d’una mitologia. I pensieri si rincorreranno, avendo un “altro lato” della propria linguistica. Una cultura per noi è sempre “cullante”, ma imponendo di supportarsi. Fenomenologicamente, si può sintetizzare l’immagine della base. L’inconscio collettivo ce ne rivelerebbe i “puntelli” simbolistici, che per Jung definivano gli archetipi. In seguito, al pop si chiederebbe una ricostruzione all’inverso: partendo dal realismo, anziché dall’onirismo. L’immaginazione ci permette di basare il senso che “monta” sulla mera visione. Ma gli enti esteriori avrebbero ricevuto una sedimentazione di valori culturali. Ad esempio, immaginando un foglio sul tavolo, anziché l’uno separatamente dell’altro, possiamo risalire al collage d’un ufficio. Il senso della vita appare fenomenologicamente come il più basilare. Riguardo a quello, le sedimentazioni naturali (il nutrimento, la riproduzione, il godimento ecc…) antropologicamente progrediscono, sotto il quadro d’una cultura. Per contrasto, i “resti” degli istinti primordiali s’archiviano nelle verità recondite dell’inconscio. Chiaramente l’artista contamina il senso, esibendo una simbologia che fa addirittura “rifiorire” ogni standardizzazione del significato sul realismo.

Nell’installazione a tecnica mista dal titolo Abbecedario, Gianluca Esposito immagina che l’uomo torni ad un linguaggio istintuale. Dal “quadretto magico”, la “bacchetta” della linea informale farebbe uscire l’animale al simbolismo d’una divinazione. Ammettiamo l’ingabbiamento dei pregiudizi culturali, a basamento ordinato d’una società. Ma l’artista avrebbe raffigurato una palla di vetro, da “strofinare” sulle “ali” della libertà. Pare che la grata sia quella armonica d’un pentagramma, accogliendo le lettere come note. La musica di certo sa coinvolgere. Qualche animale, favorito dalla sua conformazione, suonerebbe meglio. Così la piovra potrà rimpiazzare l’arpista, mentre il delfino “fischierà” facendo ondeggiare i piatti del batterista. Nell’insieme, l’Abbecedario si percepirà allo spettacolo circense d’un linguaggio che evolva, liberandosi da una mera “pesca” sulla corrispondenza col mondo. Le “canne” informali celebreranno un ritmo solenne. L’ondeggiamento sarà quello d’un organo. Istintivamente, l’astrazione coinvolgerà la figurazione verso un inno alla vita. In una pratica divinatoria, ci si sente comunque liberi d’intuire il Destino, togliendogli la soddisfazione d’averci “ingabbiato” sul determinismo.

Nell’installazione a tecnica mista dal titolo Reliquie e collages, Fabio Maria Alecci esibisce un’eugenetica della mitologia, la quale ovviamente finisce per inquietare, in chiave distopica. Così la calzatura ha il cuoio d’un panino, mentre la lampadina spegne ogni sorso dal calice. Il mito “classicamente contemporaneo” rimane quello del capitalismo. Ormai, pur di convincere al consumo si prova ad imbellettare un evento. La banale lampadina proietterà una luce psichedelica, “eccitando” a scoprire persino… se stessi (ammesso che ce ne fosse stato il bisogno). Fabio Maria Alecci ha “montato” un ponteggio in miniatura, dove la teca rimpiazza la stanza. Il simbolismo è quello del confezionamento. Si costruirà più per esibire che per abitare. Immaginiamo un gatto “a betoniera”, o la scarpa a “cazzuola”. In basso, la reliquia per l’intero palazzo è demandata ad un paravento. La pubblicità appare sempre intermittente, canalizzandoci verso un prodotto. Ma è peggio “strapparsi i capelli” perché non si riesce ad “afferrare” l’ultima tendenza di moda. Il paravento dell’artista potrebbe simboleggiare una dissociazione fra la testa “pensante” ed il corpo “pruriginoso”. Le “perline” del fashion rimangono sempre fuggevoli… Le contaminazioni, dalla produzione intensiva, proveranno a “cavalcare” la corrente della moda. Un lembo del paravento si percepisce marino. Non è chiaro quanto si gusti, mentre il bulbo della lampadina mette sotto teca “una luce… di neve”: per un gingillo solo da contemplare. Dietro, la reliquia delle foglie naturali “avrebbe” prodotto una carta da parati coi motivi a partitura musicale. Considerando la sacralità dell’inno alla vita, si resisterà alle “macerie esistenzialistiche” per le opzioni di scelta (con la loro aleatorietà).

Le Bambole subliminali a tecnica mista di Gianluca Esposito ironizzano sulle carte da gioco. A decidere nel merito del nostro destino sarà una Regina dei Polli. A livello psicanalitico, una libidine può “imbambolare”. La gallina disegnata dall’artista già regge il cucchiaio del suo brodo. Forse la carta da gioco semplicemente “ci tira su” quel Destino che consuma la nostra esistenza. Limitatamente al messaggio subliminale, nella pubblicità, si tratta di predeterminare una “pulsione”. Simbolicamente il pollo sarà chi avrà “osato” sfidare la sorte senza prevedere l’alta probabilità del suo insuccesso. Il dettaglio della gonna a tegole sembra interessante. Ogni “scudo” sulle libidini recondite è destinato a “scivolare via”, per la frustrazione di non raggiungere il reale appagamento. Si percepisce invece il dinamismo positivo della danza. La grazia coordina l’imbambolarsi, mentre l’inno alla vita ha il costruttivismo delle scelte esistenzialistiche. La tegola è un dettaglio della casa, quindi dell’abitabilità.

A Jung interessa la dialettica psicanalitica fra l’Io e l’Ombra. Il primo rappresenta il nucleo della coscienza, che poi espelle la seconda. Si darebbe uno sforzo, nel concentrarsi sulla domanda < Chi sono io? >. In riferimento alla società, bisogna trovare il proprio ruolo. Laddove tutto s’organizza al meglio, pare che soltanto l’ombra non abbia ancora inteso… dove mettersi di preciso. Quella infatti si limita all’espulsione. Ma così paradossalmente aumenta la sedimentazione della collettività. Solo l’ombra se ne va davvero “a zonzo”. I ruoli vanno inquadrati, con l’imposizione d’una fissità.

Nel collage che s’intitola Mini serra, Fabio Maria Alecci ci esibisce una sorta di “cigno floreale”, dall’eleganza dell’orchidea. Sembra la rivisitazione ecologistica per una Nascita di Venere, da Botticelli, complice la base a “cuscinetti di conchiglia”. Trasfigurato da una secchezza paradossalmente aurea, in primo piano, il fiore avrà la “normale” dialettica fra la vitalità del verdeggiamento e la mortalità “ombrosa” unicamente sullo sfondo. Non è chiaro se l’artista cercasse d’immortalare un caratteristico canto del cigno. Infatti la sedimentazione della base otterrebbe di rinvigorire, mediante il “volo libero” d’una nidiata. Ovviamente la serra serve a proteggere la vitalità, contro le intemperie. Per la maggiore il fiore appare illanguidito, espellendo solo la sua “innocenza”. Sarà più “ombroso” il quadro dell’artista, con la cornice a “cinturare” lo stelo, chissà quanto a sorreggerlo (se sullo sfondo incombe un inghiottimento), anche in accordo alla psicanalisi.