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Verdiana Patacchini - The Bright Side of the Womb

Inaugura

Giovedì, 11 Ottobre, 2018 - 18:30

Presso

Emmeotto Arte
Via di Monte Giordano 36 00186 Roma

A cura di

Martina Cavallarin

Partecipa

Verdiana Patacchini

Fino a

Venerdì, 30 Novembre, 2018 - 19:30

Verdiana Patacchini - The Bright Side of the Womb

Comunicato

VERDIANA PATACCHINI

 

THE BRIGHT SIDE OF THE WOMB

 

A cura di Martina Cavallarin

 

 

GALLERIA EMMEOTTO 

Palazzo Taverna – Via di Monte Giordano, 36 - 00186 Roma

 

 

Opening Giovedì 11 Ottobre 2018 ore 18.30 

 

 

12 Ottobre – 30 Novembre 2018

 

 

 

                                                                                                                                                                  

L’ 11 Ottobre 2018alle ore 18.30s’inaugura, alla Galleria Emmeotto, aPalazzo Taverna, la prima mostra personale di Verdiana Patacchinia Roma dal titolo The bright side of the womb.

 

L’artista vive e lavora a New York; il suo studio si trova all’interno del Mana Contemporary, fiorente comunità creativa, tra le più importanti e innovative realtà di arte contemporanea negli Stati Uniti, fondata nel 2011, in cui l’incontro tra diverse discipline e artisti dà vita ad una coabitazione plurale e partecipata che promuove la sperimentazione, la collaborazione e l’ispirazione reciproca. E’ in questo contesto stimolante e vitale che Verdiana Patacchini ha realizzato le opere degli ultimi anni.

 

Il suo lavoro si compone di eterogenei elementi di analisi e ricerca e di una sperimentazione nell’utilizzo di molteplici materiali. I temi affrontati sono la metamorfosi, l’imperfezione, il legame con la terra, protagonisti di un gioco linguistico riguardante il passato e una visione primitiva del mondo, risultato di uno studio ricco di richiami e citazioni rielaborate fino a renderle proprie, attraverso l’investigazione sulla qualità del segno, del colore e della materia. La passione per la statuaria antica, i graffiti primitivi e gli affreschi pompeiani sono i riferimenti del codice espressivo e della ricerca artistica elaborati da una poetica personale che prova ad ingannare l’esistenza, a trovare una dimensione eterna alla caducità della Vita umana.

Il soggetto del “bucranio”, diffuso nell’arte greca e romana, è per l’artista elemento primigenio della femminilità, della sessualità del pube della donna e simbolo di fecondità e maternità.

 

I lavori in mostra rappresentano a pieno la pluralità di linguaggi sospesi tra Storia e Contemporaneità, la ricerca materica e il modus operandi dell’artista così da creare un’armonia tra spazio espositivo e forme: grandi tele di lino dipinte con segni primitivisti ed emblematici, lasciate libere e fluttuanti nelle stanze, sculture in ceramica, un volto a luce bianca al neon. 

I materiali utilizzati nella realizzazione delle opere, attraverso una rielaborazione in chiave contemporanea delle tecniche artistiche antiche, sono: lino crudo, ceramica, inchiostro, olio, grafite, raku giapponese, fuoco, pietre provenienti dalle cave dell’Umbria – terra d’origine dell’artista – creta cotta, acrilico e inchiostro su plastica. 

 

Perversamente eleganti, - come scrive Martina Cavallarin nel testo critico della mostra- le sue opere, grazie e nonostante la complessità e l’ingegnosità dei rapporti formali e la varietà dei materiali, raggiungono una straordinaria unità d’impatto e possibilità liberatorie di espansione. Queste strutture agiscono con grande vigore sullo spettatore e sull’ambiente spaziale. Dotati di un’estetica strutturale e una forma rappresentativa, i lavori sono carichi di tensione, illusionismo, enfasi, ironia. Il design classicheggiante, l’abilità tecnica, la manualità e la gestualità, riportano a quell’ossessione dell’idea così connaturata con la poetica, l’inclinazione artistica, culturale e di atteggiamento caratteriale. La sua ricerca è concepita come un progetto in cui la somiglianza è accettata con coscienza, per affermare le differenze, un luogo dove le cose si mostrano nel loro aspetto più innocente, e far parlare il segno significa affermare una propria specifica originalità. Verdiana Patacchini con la sua opera non intende interrogare la storia, sebbene ne sia lucidamente e chiaramente intrisa, ma la natura antropologica della collettività, agendo sulle paure ataviche che costituiscono il nodo primario dell’esistenza ovvero il Tempo e la Vita.

Verdiana Patacchini, AKA Virdi nasce ad Orvieto nel 1984. Studia all’Accademia di Belle Arti di Via di Ripetta a Roma dove si diploma in pittura, con la cattedra di Giuseppe Modica, con una tesi su Carlo Guarienti, di cui poi diventerà allieva. Successivamente, si laurea in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo. Nel 2011 espone alla 54. Biennale Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia nel Padiglione Italia. Dal 2009 inizia a viaggiare negli Stati Uniti, nel 2012 ottiene il primo visto come artista e nel 2015 vince una residenza artistica e si trasferisce definitivamente a New York. Nel 2016 il Consolato Generale d’italia a New york presenta una sua mostra personale a cura della Galleria Emmeotto di Roma. Attualmente, Verdiana vive a New York, il suo studio è il 312 al MANA Contemporary. Firma i suoi quadri con lo pseudonimo Virdi.

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