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Paolo Vannucchi. Von la terra e con il fuoco

Inaugura

Sabato, 1 Dicembre, 2018 - 17:00

Presso

Galleria Arianna Sartori
Mantova, via Ippolito Nievo, 10

A cura di

Arianna Sartori

Partecipa

Paolo Vannucchi

Fino a

Giovedì, 13 Dicembre, 2018 - 19:30

Paolo Vannucchi. Von la terra e con il fuoco

Comunicato

Dal 1° dicembre al 13 dicembre 2018 la Galleria Arianna Sartori di Mantova nella sede di Via Cappello 17, ospiterà la personale dell’artista Paolo Vannucchi “Con la terra e con il fuoco”.

Sculture e pannelli, realizzati in maiolica e in gres, si potranno ammirare in questa esposizione, curata da Arianna Sartori, che si inaugurerà Sabato 1° dicembre alle ore 17.00, alla presenza dell’artista.

 

 

Come spiegare cosa si prova aprendo il forno a fine cottura?

Puoi usare tutta la tua esperienza nel modellare la terra, nell’accostare e mescolare gli smalti e i colori, ma il fuoco crea ogni volta nuove sorprese, anche deludenti, ma sempre emozionanti.

Paolo Vannucchi

 

 

“…Nella ceramica Vannucchi ha veleggiato come un navigatore di arcipelaghi, curioso e disposto ad approdare e a perlustrare ogni isola incrociata. Su ognuna ha costruito una stazione del suo itinerario di ricerca, una sezione del suo laboratorio linguistico e formale, una pagina del suo “diario di bordo”. Come dire la restituzione plastica e figurale, non di rado venata di poesia, della sua esperienza di vita: situazioni, incontri, riflessioni, incantamenti, divagazioni dell’immaginario e ricerche di laboratorio propriamente ceramico. Un racconto pieno di osservazioni garbate e pungenti, di assunzioni del dato di realtà sempre ispirate a un’idea della leggerezza che naturalmente sollecita l’interiorità, la memoria, la contemplazione, la fantasia ludica e la deriva visionaria.

Paolo Vannucchi si è sin qui dedicato alla ceramica senza soluzioni di continuità e in modo direi esclusivo. Una ricognizione anche a volo d’uccello sul suo fitto e articolato repertorio di modi formatori e tipi figurali attesterebbe la complessità e direi la visione a tutto tondo del suo mondo, peraltro costruito con una capacità sorprendente di lavoro. Nulla die sine fictilia, diremmo adattando alla manipolazione quotidiana dell’argilla l’adagio relativo alla “linea”, dunque al disegno. Di rado è dato verificare altrettanta fedeltà e analogo impegno tra gli autori creativi italiani suoi pari per professionalità e qualità artistica, per i quali la ceramica, segnatamente declinata come scultura, è un aspetto importante ma non centrale del loro lavoro.

…Vannucchi ha fondato il suo piccolo universo di forme e figure espressive del proprio mondo interiore e del proprio immaginario, calandole in un luogo, una terra, una cultura lucchese e toscana. Una cultura nella quale, per molti versi, traspaiono i depositi interiorizzati e certo non museali o accademici, di modelli visivi antichi e novecentisti, ma in contrappunto anche piccoli inserti o citazioni da edicola pop. Il tutto declinato con un gusto personale per l’eleganza non sussiegosa della forma, sempre governata dal disegno e attenta anche alla notazione di costume, e un linguaggio spigliato capace di modellare con grande sensibilità plastica le superfici, di operare sintetiche modulazioni dei volumi e di esibire un paramento cromatico che conosce la più ampia gamma dei valori e degli accordi anche timbrici.

Le sue forme e figure le ha fatte poi risalire a situazioni della quotidianità e del vissuto personale, rivelando un’inclinazione al racconto fuor di metafora o di esemplarità, con una freschezza di osservazione e di restituzione visiva la sua parte ironica e pungente, la sua parte rapita e come trasognata nella contemplazione…. Stanno per lo più solitarie e non hanno occhi né altri tratti fisionomici caratterizzanti, eppure non mancano di catturarti gli sguardi introflessi e come assorbiti nel pensiero, queste presenze alle quali Vannucchi infonde il respiro della vita e della comunicazione, e lo si coglie nella naturalezza colloquiale con cui entrano in relazione, quando vengono disposte in gruppo. Il nudo a bassorilievo è anche soggetto di variazioni modulari potenzialmente inesauribili, con le quali si potrebbe comporre per aggregazione, sviluppata ognuna entro il medesimo recinto spaziale, un paramento parietale da atlante tipologico di posture e direi contorsionismi corporali.

…Di grande importanza e indicativo del versante ceramico di più evidente carattere pittorico, o grafo-pittorico per le molte soluzioni grafiche e lineari, è lo spazio/paesaggio antropico, preferibilmente di grande apertura. Il paesaggio più ricorrente è certamente quello di lungofiume, identificabile con i luoghi familiari del Serchio nativo, talora fortemente scorciati su parziali arborei, fusti di pioppi o altri alberi di scorza più scagliosa, che fanno da sipari e siparietti, da specole al mostrarsi davvero teatrale, direi giocoso e silvano delle figure “ignude”, direbbe D’Annunzio, nel rapimento dei sensi e nel mistero dell’ora. Altri paesaggi di sintesi morfologica rimandano alle modulate colline toscane, che paiono staccate da un dipinto parietale della scuola senese, e sono colline il cui profilo sovente delinea la distesa e solare corporeità d’un nudo muliebre, da grande madre mediterranea. Non sfuggirà il frequente taglio oblungo ad ampio schermo direi cinematografico, sovente persino la struttura a sequenza come per una carrellata, di questi paesaggi che trascorono oltre il limite della superficie figurata. E si simula qui uno spazio/tempo assimilabile all’andare della silhouette d’un viaggiatore pensoso, che profilato tra terra e cielo, più che il sentiero del passeggio pare seguire quello della vita.

Infine lo spazio agito nel senso di invaso e occupato da una figura o un oggetto, un frutto o altro umile testimone della quotidianità, che lo abita come un sicuro ricetto, e lo spazio d’azione, ossia lo spazio relazionale, fruito generalmente in termini di gioco, della creatura o dell’oggetto in movimento. Poniamo una nidiata di becchettanti pulcini, una ginnasta in pieno e vario esercizio oppure un centauro, un camionista, un manovratore di macchine agricole e altri mezzi meccanici, e costituiscono, questi ingegni e congegni scultorei di macchine che avrebbero sicuramente affascinato Depero, un repertorio quanto mai ricco di modelli reinventati come iperbolici “giocattoli”, capaci di ridestare l’immaginoso “fanciullino” che Pascoli sapeva assopito nell’animo di ogni adulto non insensibile alla poesia”.

Nicola Micieli, 2016

 

 

Paolo Vannucchi è nato nel 1945 a Lucca, dove ha conseguito il diploma di maestro d’arte per la ceramica presso il locale Istituto d’Arte. Successivamente si è diplomato presso il Magistero d’Arte di Firenze.

Ha insegnato educazione artistica nella scuola media e coltivato costantemente la passione per la ceramica.

Ha presentato le sue opere in mostre personali e collettive in Italia e all’estero.

Le sue ceramiche sono esposte in luoghi pubblici e collezioni private.

È annoverato fra i protagonisti nel volume “Novecento ceramiche italiane” volume III, a cura di Emanuele Gaudenzi.

Attualmente vive e lavora a Ponte San Pietro (Lucca).

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