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Enzo Zanetti. La vigna si racconta

Inaugura

Sabato, 13 Ottobre, 2018 - 17:00

Presso

Galleria Arianna Sartori
Via Cappello 17, Mantova

A cura di

Rosaria Guadagno

Partecipa

Enzo Zanetti

Fino a

Giovedì, 25 Ottobre, 2018 - 19:30

Enzo Zanetti. La vigna si racconta

Comunicato

Dal 13 al 25 ottobre 2018 la Galleria Arianna Sartori di Mantova nella sede di Via Cappello 17, ospiterà la mostra personale dell’artista mantovano Enzo Zanetti intitolata “La vigna si racconta”.

La mostra, curata da Rosaria Guadagno, presenta sedici dipinti ad olio eseguiti dall’artista dal 1999 ad oggi.

L’inaugurazione della mostra si svolgerà Sabato 13 ottobre alle ore 17.00 alla presenza dell’artista con intervento critico di Rosaria Guadagno.

 

ENZO ZANETTI.

Vasti vigneti di filari bassi e il ricordo… “Uva bianca, uva rossa, la par oro, negre perle; te la vedi bela grossa dai vigneti sui sentieri, e la tira a Bardolin…” dal libro di poesie “Aria del Monte Baldo” di don Roncari già parroco di Pazzon, crea in Enzo Zanetti ne “La vigna si racconta” una pittura ininterrotta che scivola sulla tela e crea un lungo racconto profondo, autentico, protagonista: la vigna. Una scrittura materica con segni decisi che si fondono in una dimensione vibrante. La narrazione ha inizio in un giorno splendente di luce, i covoni sono già pronti nell’aia, gli animali aspettano che si avvii “Il lavoro nei campi”. I buoi avanzano con l’aratro, il sole è già alto, invadono i gialli la scena, il ragazzo avanza con gli animali, esce dalla prospettiva per qualcosa che attira la sua curiosità e si ferma lasciandosi alle spalle il sole accecante.

In “Vendemmia” la realtà è protagonista, nell’essenzialità costruttiva della forma si allargano partiture cromatiche sui toni dei verdi che finiscono nei dorati. Zanetti sulla tela trascina non i vigneti a pergola della sua infanzia, ma bassi, allineati, accolti dal lago che li porge alle montagne. Una storia pittorica intensa in cui l’afflato, la tenerezza sono di macchiaiola memoria. I buoi si trascinano sulla collina fino alla vigna, poi si fermano, sostano sotto il verdeggiante pergolato che attenua i vapori dell’aria ancora calda, il contadino si appresta a caricare nel tino grappoli d’uva dai grossi chicchi. L’uomo e i buoi sono uniti in un muto colloquio con il carro che slitta con la ruota sull’erba. Sanno di ripartire per prepararsi a vendemmiare.

Il sentiero in “Passeggiata tra le vigne” va oltre per incontrare due piccole figure, lo sguardo spazia e incontra lo spettacolo dei vigneti, vigneti lussureggianti nei verdi che degradano dolcemente dai terrazzamenti verso la pianura.

“Una vigna che sale sul dorso di un colle fino ad incidersi nel cielo, è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica. Le quinte di una scena favolosa in attesa di un evento che né il ricordo né la fantasia conoscono”. “Un semplice e profondo nulla, non ricordato perchè non ne valeva la pena disteso nei giorni e poi perduto riaffiora davanti al sentiero, alla vigna, e poi si scopre infantile, di là dalle cose e dal tempo, com’era allora che il tempo per il ragazzo non esisteva, l’uomo e il ragazzo s’incontrano e sanno che il tempo è sfumato. L’uomo sa queste cose.” (Cesare Pavese - “Feria d’agosto”).

I pigmenti della pittura di Zanetti, si impregnano di caldi umori segreti fermati in un poetico intridersi di luce e natura, come nella vigna con grappoli di uva bianca soda cocente di sole distesa su foglie abbarbicate l’una sull’altra, tra gialli che si accostano a sontuosi verdi. I grappoli cristallini rubano la scena, si fissano in primo piano, il casolare nelle gamme dei rosa sfiorato dal verde cipresso arretra nel cielo azzurro dove passa una stravagante nuvola. La luminosità dell’impianto rinvigorisce l’intensità cromatica. Nel filare d’uva nera viene celebrata la ricchezza di tinte la cui fragranza si irradia intorno fino ai fili sottili d’erba e rossi papaveri che si piegano alla volontà del vento per disperdersi all’infinito. La luce entra nella materia fa da padrone su questo paesaggio naturale, una sfida che cela l’angoscia, l’ansia, il dolore nella bellezza del creato. “Il velo dipinto” - da un sonetto di Shelley, tra il dolore e la preziosità dell’esistenza.

Vigila la vigna ama ascoltare il rumore del silenzio, e in questo scenario si racconta dalle “lacrime” dell’infanzia fino alla forza acquistata. Ascolta in lontananza i vigneti del Monte Baldo e va oltre, colloquia con ruscelli, bacini d’acqua che scorrono tra vette frastagliate rossastre, il colore delle miniere del Baldo.

“La vigna si racconta” è un’opera lirica armoniosamente congegnata nella trama dei colori contrastanti o complementari in una mescolanza sapiente di un racconto nostalgico commosso, ma vero “il mio assurdo contrappunto di dolcezze e furori” (Salvatore Quasimodo - “La vita non è un sogno”).

Il pittore ascolta la sinfonia di emozioni che travalica il lago fino alle colline, abbraccia terre verdi, scende alla pianura, incontra i filari dei vigneti schierati come un esercito per la parata finale. La vigna incontra poi il bosco che si agita all’alito del vento e crea “Turbolenze”, per il vento del nord, che dal fondo del cielo di intenso azzurro, porta avanti vortici biancastri, smeriglia i verdi che precipitano nel dorato della sabbia, le onde del lago si accavallano e schiumano perdendosi in lontananza. Un attimo di tempesta diventa un momento di tensione.

Il silenzio in “Torrente” domina le frastagliate vette che sfidano il cielo azzurro con vortici di nuvole minacciose, giù tra il verde deciso dei faggi e delle conifere, le vallette di acqua gelida, si fermano attratte da rocce appuntite che ne frenano l’irruenza. Lo scenario è l’ultimo baluardo del tempo infinito fino al suono delle parole che sfalderanno la magica sospensione. L’autore attinge le variazioni delle tinte osservando località di questi monti con le miniere di terre ocra, rosse, o verdi che formavano colori vivaci utilizzati già dai romani per esempio nella Villa Romana di Castelletto sul Garda.

Enzo Zanetti presta molta attenzione alle famiglie vegetali che crescono rigogliosamente: le selve maestose, la flora che cambia con l’altitudine, il castagno, la quercia e poi molte varietà del bosco ceduo, con faggi e conifere: pini abeti e pino cembri.

Un intricante gioco di natura dove la materia intrisa di luce diventa solo poesia.

Un intreccio umano nei viaggi della memoria dove i ricordi catturano le emozioni, ci preparano alle attese. Osservando “La cercatrice di vongole” di Enzo Zanetti si pensa al suo libro “Viaggi della memoria” giorni recuperati con cura, nostalgia di casa, la poiana, il lago, il fiume. Nel quadro si ritrova l’esperienza della marea che obbedisce alla luna, spargendo il mare che liberato dai suoi grovigli, restituisce isole di sabbia lambite dalle onde. È l’alba, una qualsiasi, una donna qualsiasi, senza volto, attratta dalla luce in lontananza è ammaliata dal fenomeno, l’atmosfera si spande e copre le stelle, la forza della notte si allontana, il cielo degrada nel cobalto. L’aria è sospesa nel bagliore che avanza promettendo il giorno. Enzo Zanetti con il colore descrive le emozioni della pittura. La materia cromatica porta sulla scena il blu che intorno scema in tinte celeste cobalto zaffiro il blu lapislazzulo che ricorda le ceramiche persiane, turchese come le architetture islamiche. Nella tela i pigmenti si scuriscono nel fondale dove terra e mare si uniscono, appare la cavea del palcoscenico antico dove fiotti di colori lanciano suoni che si diffondono per un concerto armonico. In primo piano avanza la donna, si pone di spalle su una lingua stretta di terra, si avverte la sua presenza per le cose che la circondano, i gabbiani volano basso la circondano quasi a tutelare quella parte di terra. Il maestro ripropone l’umanesimo come parte integrante della pittura che ha le capacità del dipingere, ma nel pensiero che si arricchisce di continuo. L’artista crea in tal modo uno stile personale originale. Un’alba, è l’ora in cui le cose perdono la consistenza d’ombra che le ha accompagnate nella notte e riacquistano poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto, appena sfiorate e quasi alonate dalla luce: “l’ora in cui si è meno sicuri dell’esistenza del mondo” (Italo Calvino). Un ricordo in cui la pittura di Enzo Zanetti è spettacolarmente colorata, ma apre anche i labirinti dell’animo, cura la dimensione dei sogni.

Rosaria Guadagno

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