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Comunicato
COMUNICATO STAMPA:
Nelle creazioni di Jimena vi sono così numerose chiavi di lettura che diventa arduo ricondurle ad un determinato genere espressivo. Mediante un criterio semplicistico e puramente tecnico potremmo catalogare le 5 tele esposte come dei collage ma sarebbe alquanto riduttivo.
La “pittura” di Jimena, perché di pittura si tratta considerato il sapiente uso cromatico dei frammenti cartacei, pone davanti ai nostri occhi i suoi intimi fermi immagine e ci suggerisce di saltare, di contorcerci fino a scontrarci l’uno contro l’altro, di agire senza timori ma di farlo, proprio come sottolineano le dinamiche dei soggetti raffigurati.
Anche la scelta di esporre nella Sala dello Zodiaco, in cui si intrecciano Rinascimento, racconti mitologici e costellazioni zodiacali, non è casuale e si pone volutamente in netto contrasto con il lindore delle opere. Questo contesto espositivo in qualche modo enfatizza quello che può considerarsi il leitmotiv della produzione dell’artista: il bisogno fisico di allontanarsi dalle frenesie quotidiane. L’apnea mediatica cui siamo ormai destinati non concede il lusso di soffermarci e respirare: tutto deve scorrere velocemente e possibilmente in connessione 5G.
Questa ferma opposizione ai ritmi della vita contemporanea è sostenuta con forza nel gesto della lacerazione coscienziosa di pagine e pagine di riviste glamour, rielaborando con opere “pittoriche” ciò che viene imposto come bello in ciò che percepiamo come familiare; non è un caso che la maggior parte dei soggetti rappresentati in questi assemblaggi siano immagini scattate alla progenie dall’artista stessa.
Sappiamo bene quanto sia difficile cogliere ed assimilare frazioni di tempo, ma possiamo essere certi che molti condivideranno immagini di questo spot espositivo, lasciandolo sospeso assieme ai suoi ospiti tra vita reale e vita social.
(Testo a cura di Achille Pedraglio)
BIOGRAFIA:
Jimena Sanchez nasce a Buenos Aires nel 1973, in una famiglia di facoltosi proprietari terrieri. È una bambina quando nel 1976 avviene il colpo di stato delle forze armate ed ha inizio una brutale campagna repressiva, definita la “guerra sporca”, caratterizzata dalla massiccia violazione dei diritti umani e civili nei confronti della popolazione. Durante questo periodo circa 30.000 persone scomparvero e solo grazie alle Madri di Plaza de Mayo, le mamme dei giovani desaparecidos, con una protesta pacifica, sfidando il regime, riuscirono a far conoscere alla opinione pubblica il dramma che stava avvenendo nel loro Paese.
In questo contesto Jimena frequenta la scuola inglese e contemporaneamente l’Atelier di Maria Guerreiro. In seguito, oltre a seguire diversi corsi di fotografia, si iscrive all’Escuela de Bellas Artes “Prilidiano Pueirredon”, l’Accademia più prestigiosa dell’Argentina, frequentata da alcuni dei più grandi artisti sud americani del momento. Ma è ancor prima, nel “Campo di Canuelas”, come viene chiamata la tenuta di famiglia e dove trascorre le sue estati di bambina, lontano dalle guerriglie cittadine, che scopre la passione per l’arte: <<quando mi regalarono la prima valigetta di colori ad olio, mi chiusi nella mia stanza e dipinsi per giorni, finchè occupai l’ultimo spazio bianco delle pareti, fino a farmi sanguinare il naso>>.
Quando Jimena ha 21 anni e l’economia argentina è in dissesto, con dei tassi di inflazione mensile del 200%, il padre muore e la situazione finanziaria familiare precipita. È un periodo molto duro per lei. Trova rifugio nella psicologia e divora dozzine di libri donategli da una psichiatra amica di famiglia, con la quale si confronta. Questa nuova passione la porta a seguire il corso di pedagogia dell’Università di Buenos Aires. Jimena insegna come volontaria nelle scuole delle coloratissime “Villas de emergencia”: le favelas argentine dove i bambini non hanno né matite, né scarpe. Lei non si arrende e con loro utilizza materiale di riciclo, tra cui vecchi giornali. Non sa ancora che questa esperienza le entrerà nel cuore, fino a farla diventare l’artista che è oggi.
Dopo qualche anno, lascia l’Argentina ed inizia un lungo periodo di viaggi: Stati Uniti, Brasile, Sud Africa, Botswana ed Europa. Nel 2003 approda in Italia dove il marito ingegnere è stato trasferito e per essere più vicina a quello che considera essenziale per il suo sviluppo artistico, ottiene anche una borsa di studio dell'Unione Europea per un corso di Graphic Design. Entrambi però, desiderano che i loro figli nascano nella loro terra d’origine e così rientrano in Argentina. La situazione è ancora complessa e decidono quindi, con i due bimbi piccolissimi, di tornare in Italia, prima a Padova, poi nel 2015 a Como.
I bambini rallentano la vita frenetica di Jimena ed è allora che riscopre il valore del tempo, della calma. Rielabora la tecnica del riciclo del periodo di insegnamento nelle Villas de emergencia: spezzetta le riviste di moda patinate, riducendole in frammenti di vita, quasi fosse un gesto di interruzione da un mondo agiato, che si ricompone attraverso un rituale di riflessioni. Le sue opere sono esposte in gallerie d'arte, aste televisive, fiere d'arte , centri culturali e collezioni private.
(Biografia a cura di Debora Candian)
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