LOBODILATTICE

LA SUBLIMAZIONE IPERREALE D'UN VELO PER L'OSSIDAZIONE DELLA SCRITTURA ESISTENZIALE

Franco Del Zotto Odorico espone 12 lastre di metallo, plasmandovi l’incisione, la fotografia e la pittura. Nel complesso, pare che a lui interessi la sublimazione d’un velo. L’allestimento riproduce quello d’una quinta teatrale. Dapprima c’è una realtà che incide il tempo, quindi un’iperrealtà che “si barcamena” sul vissuto. La catarsi di Edipo richiede l’accecamento degli occhi, al materialismo; ma pure questo fungerà da “sipario”: sulla rivelazione d’una spiritualità. Noi viviamo in un’epoca che sfrutta economicamente il simulacro della realtà, ad esempio tramite l’insegna pubblicitaria. Si tratta d’un “piattume” che non può coinvolgere l’anima, la quale accentra i propri pensieri. Al contrario, il regista Andrej Tarkovskij invitava a scolpire il tempo; questo tramutava in urgenza, nei tagli alla tela del pittore Lucio Fontana. La loro estetica sarà mediata da Franco Del Zotto Odorico. Se la scrittura consente (da Platone) di stabilizzare la conoscenza, allora si tratterà di salvare la monumentalità da un crollo definitivo. L’architettura s’impone; ma paradossalmente rischierà di sgretolarsi con la retorica. Franco Del Zotto Odorico ci esibisce un’incisione che temporeggia (ad esempio con gli oli), perché la cultura autentica sa permeare col dialogo. Il restauratore dapprima interviene d’urgenza, quindi avvisa che gli servirà tanta cura, lentamente. Il degrado della cultura (al simulacro del mercato, o dalla politica demagogica) dialetticamente deve sublimare la sua “macchia” (di nuovo citando gli oli). Ogni artista che parte dai pezzi grezzi di pietra, alla fine vorrà plasmarli con la propria cura. Questo simboleggia un velo da sublimare. Franco Del Zotto Odorico ha un simbolismo sociologico per le sue installazioni.

A Codroipo, il titolo è Subli(n)azione, giacché la cultura dovrebbe avvicinare tante persone con idee diverse. La retorica al contrario s’erge ad una monumentalità solitaria, ergo anche vittima… di se stessa, sgretolandosi nella sua “roccaforte”. Noi non badiamo alla necessità per cui qualunque scrittura si fa macchiare dall’inchiostro, a prescindere da quanto il nostro tratto sia stato aggraziato. Al fine di plasmarla, s’attenderà il “barcamenarsi” interpretativo dei diversi lettori. Più spiritualmente, per Franco Del Zotto Odorico la graticola si sublimerebbe mediante il sudario. La crocifissione scolpisce la pelle affinché questa volteggi libera in Cielo, impedendo ai rivoli di sangue di cadere nelle “buche” d’un inappagamento perenne (dagli impulsi materialistici). L’iperrealismo estetico porterà ad ossidarsi addirittura la fotografia immortalante, se posta vicino ad una lastra di metallo. Conta che il corpo abbia il “sussulto” (verso l’Alto) della resurrezione. Più laicamente, nessuno eviterà l’evento del dolore, vivendo. L’olio è percepibile in un limbo: tra la passionalità del sangue, restia a farsi incanalare, e la custodia d’un mero ricordo, con la lapide. Complessivamente, dobbiamo imparare a vivere adattandoci ad un ambiente; così guadagneremo in risposta il rispetto altrui. A Franco Del Zotto Odorico interessa che s’eviti la musealizzazione. I reperti archeologici “resusciterebbero” da soli, lungi da un nostro merito, laddove proprio quelli c’insegneranno che la vita stessa consta di “patine liberanti” (fra le gioie ed i dolori). Né si caricherà il passato d’una presupposta “chiusura” (rispetto ai maggiori vantaggi che il progresso ha potuto garantire, nel frattempo). D’altro canto, se nel reperto archeologico trasparisse un “orgoglio”, allora noi lo percepiremmo resistendo allo storicismo. Ci aiuterà l’autentica arte, che rifugge dalla retorica (quanto… dall’artigianato!) avendo la possibilità d’essere (paradossalmente) classica, insegnando sempre qualcosa di nuovo, da un velo di futuribilità sublimante. La resurrezione (spiritualmente) e la restaurazione (materialisticamente) fra di loro condividono la critica alla “freddezza” del documentario.

Per Andrej Tarkovskij, esteticamente il regista deve togliere il superfluo, che “blocca” distraendo, al fine d’arricchire l’immortalabile in lunghezza. Il coinvolgimento dello spettatore è “di rincorsa” tra i fotogrammi, ed in un vissuto (caro alla fenomenologia). Per Gillo Dorfles, nella preistoria l’horror vacui indusse l’uomo a coprire di disegni le caverne. Di contro modernamente, al “bombardamento” continuo dei segni (con l’interesse subliminale del mercato o della politica), bisognerebbe caldeggiare un horror pleni. Si godrà la ricerca d’uno stacco, per un riposo che al massimo critichi con la reinterpretazione. Franco Del Zotto Odorico cerca una dialettica fra l’ologramma ed il bassorilievo, confondendo le tonalità del fondo rispetto al flusso comprensivo delle parole. Vi si percepirà il paradosso d’una durezza “psichedelica” (dalla luce “mattonata”, che potrà ricordare la dipendenza tipicamente contemporanea dal touch screen, pure nelle relazioni sociali). Le installazioni hanno testi ricavati da libri diversi (di storia, di filosofia, di poesia ecc…), dove conta molto la trasmissione etica d’un messaggio. Lo spillo galleggiante nell’olio, od il normografo se non per l’arcobaleno sul metallo almeno per il banco di nebbia sul marmo, simbolicamente indagano la persistenza del Verbo. La vita trapasserà nella morte; al di là della religione e del laicismo vale una “condanna” a lasciare una “traccia” di sé. Così per l’uomo preistorico una caverna incuteva timore avendo il buio duro (dalla pietra), anziché il buio fluido (dal cielo, le cui stelle permettevano l’orientamento). Nella simbologia cristiana, l’olio (dallo Spirito Santo) dà vigore alle membra “lapidate” dal peccato originale. Addirittura al Messia s’associa l’etimologia dell’unto. Questo permette al corpo di galleggiare nella vita immortale, nonostante le ferite della croce che, limitatamente agli uomini, deriverebbero dagli impulsi ad “impalarsi” sui beni materialistici (menzionando gli spilli). In un’altra installazione, virtualmente un tappeto in rotolo riuscirà a “sgommare” grazie al flash delle lettere, sia in rilievo sia in scavo. Sarà una sublimazione laica per il “motore” trinitario della spiritualità religiosa: fra Dio, Cristo e lo Spirito Santo. Questo determina il “mistero” d’una ricombinazione. A resistere contro i “graffi” della vita, nella quotidianità, sarà “l’arcobaleno” del nostro corpo: sull’unghia (dal preciso titolo dell’installazione), tramite cui noi desidereremo di conquistare perfino un muro di pietra (dall’arrampicata all’abbattimento). Franco Del Zotto Odorico seleziona testi che trattano la caducità dell’uomo, in chiave sociale. Tutto questo è anche attualizzabile; ad esempio in natura l’olio può inquinare, mentre il cemento può soverchiare. L’installazione con gli spilli ci ricorda il motto cristiano per cui più facilmente il cammello passerà dalla cruna d’un ago, rispetto al ricco verso il Regno di Dio.

Per il filosofo Jacques Derrida, la lettera espone “l’animalità” del desiderio. Essa infatti è “interrotta” in se stessa, senza constatare il significato della sua parola. La lettera appare nella “solitudine” del desiderio. Un animale vive d’interruzione in interruzione. Il suo desiderio non si farà constatare, neppure se esaudito! Per il poeta Edmond Jabes, la solitudine è un alfabeto di scoiattoli ad uso delle foreste. Qualcosa tramite cui erriamo, d’incisione in incisione. Conta essenzialmente il sottobosco, col desiderio a mo’ di sentiero. Ci sembra che a Franco Del Zotto Odorico interessi la percezione dell’ossidazione, intorno alle sue lettere. Fra i rilievi e gli scavi, il testo si comprenderebbe dall’accartocciamento. Se la respirazione cellulare contasse in specie per la sua ossidazione, forse l’albero, non avendo la razionalità, potrebbe almeno rimpiazzare la nostra voce con le “lettere mute” delle foglie? Nell’uomo, più simbolicamente, fra i rilievi e gli scavi si danno i “problemi” della vita, a livello decisionale. Né innanzi a quelli ci è consentito, per la maggiore, di rimanere “muti” (indifferenti). Coerentemente, immaginiamo che valga un “sottobosco” del giusto senso da… decifrare. Tutto questo accadrà nell’ineluttabile “accartocciamento” dalla nascita alla morte. Ricordiamo che, sfogliando i documenti all’anagrafe, è possibile ricostruire l’albero genealogico, coi “rilievi” e gli “scavi” secondo il grado della parentela, o l’intensità delle generazioni. In un mondo in cui la società esaspera l’informazione, sovente per le finalità ideologiche, magari Franco Del Zotto Odorico avrà desiderato un’eutanasia (dal titolo di varie installazioni) per la libertà delle singole lettere. Ossidandole, si recupererebbe favorevolmente uno stato vegetativo per l’istinto, in via affettiva (allenando così al comunitarismo).

 

(recensione d'estetica per il primo evento allo spazio espositivo Progetto No, di Codroipo - UD)