Presso la Fondazione “Cassa di Risparmio di Biella”, è visitabile dal 25 Ottobre all’8 Dicembre il terzo evento per la rassegna sull’artista locale Aldo Flecchia: 45 anni di scultura: omaggio alla donna. Pare che a lui interessi un evoluzionismo per la conchiglia, specificatamente al ventre femminile, se l’inorganicità abbracciasse ogni durezza per la polarizzazione. Sociologicamente, il maschilismo va combattuto in quanto basico d’impulsi, e granitico alle scelte. Ma la natura non è mai grezza; le stagioni aggraziano il deperimento. Simbolicamente, nelle sculture di Aldo Flecchia si passerà dalla conchiglia, abbandonata per caso sulla spiaggia, ad una cura verso il proprio ventre. Cromaticamente, l’abisso emergerebbe da una luminosità alchemica. Contro il flusso eterno delle stagioni al vitalismo, il razionalismo è deduttivo dall’unità rispetto alla totalità, grazie al “posto di blocco” che garantisce il principio d’identità: < A = A >. Ma Aldo Flecchia ci spingerebbe a percepire l’alchimia della monumentalità. Si può immaginare che nell’innamoramento due persone si fondano, in una sola. Ma allora < A gira intorno ad A >. Non c’entra la passività storicistica del monumento che sintetizza una particolare cultura. Piuttosto le sculture di Aldo Flecchia bloccano l’energia della natura tramite un magnetismo informale che ci traghetta verso “un altro mondo” di sensi. L’alluvione ed il terremoto rimodellano l’inorganicità. Però l’uomo può evitare di cementificare “selvaggiamente” se ricorda che in lui esiste il “sacrificio” della generazione, per il figlio. Diventerà istintivo il chiedersi filosoficamente chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Ciascun documento utilizzato per ipotizzare punta ad una monumentalità della risposta veritiera. La polarizzazione fra i bisogni dell’uomo e della donna sociologicamente si smusserebbe mediante la famiglia. Quest’ultima si percepisce un po’ come una conchiglia aperta, per la casa che ondeggia nel blu del cielo. L’amore contiene la giusta dose “d’alchimia” per bloccare l’identità molto responsabilmente: in una maturazione dal flusso del caso al traghettamento d’un dono. Dunque l’istinto diventa un omaggio (menzionando il titolo della mostra a Biella): in mezzo conta la cura. Le sculture di Aldo Flecchia sono con Platone demiurgiche, spesso ingrandendo la mano, che sguazza in un ricettacolo della plasticità per la corporalità. Soprattutto ogni tavolozza dei colori evolverà in una zattera delle carezze. Dalla trascendenza all’immanenza, con Spinoza occorre che l’affetto si basi su un rispetto per l’immedesimazione. Due persone innamorate si completano a vicenda. Aldo Flecchia perse il padre da infante. Dunque la sua scultura insiste inconsciamente sul bisogno d’una rigenerazione. L’evento di Biella è il terzo, dopo quelli nelle vicinanze di Candelo e Magnano.
La scultura in marmo rosa di Varallo dal titolo Mister heart risale al 1998. Ci pare di riconoscere un uomo, in posizione fetale per tentare d’attutire una “pressa” di mani altrui. Ma allora la testa dovrà scervellarsi? Il corpo si percepirà rifrangendo la circolarità, come per una cozza. La scarnificazione non sarebbe frenata da una pressione sulla cucitrice, se la tastiera degli arrossamenti si disperdesse al vento. Forse la scultura lamenta la perdita d’un cuore, con le mani altrui alla mera marionetta dei ventricoli. Colui che si scervella, ha una spirale fra i pensieri. Non sembra praticabile un supporto da parte delle mani altrui (quantomeno allo scudo per la scarnificazione, od addirittura battezzando per una resurrezione). Il feto dipende in tutto dalla madre. Un eventuale grembo delle mani potrebbe inerire ad un “oracolo” nelle attenzioni del padre, il quale rimane all’infuori. Rannicchiandosi, l’uomo scolpito si scervellerebbe idealisticamente per arrivare spiritualmente all’anima. Nel grembo vitalistico del tempo (se il presente posticipa il passato per anticipare il futuro), ogni accadimento si farà prensile, nella propria clessidra. L’esistenzialismo c’insegna che l’uomo soffre per le ansie. Quindi si spera che la spirale tramuti in boa, simbolicamente. La pelle marmorea per Aldo Flecchia è più allentata verso l’interiorità che “sgommante” verso il futurismo, esteticamente. In un grembo vitalistico del tempo, le ampolle della clessidra potrebbero alternarsi come la madre ed il padre, per supportare una famiglia. Questo si percepirebbe tramite una tonificazione.
Nella scultura dal titolo Il sogno del mare (del 2024, col marmo nero di Ormea ed il marmo rosa di Varallo), una donna emerge da una conchiglia. Noi immaginiamo che la sirena doni all’uomo una cornucopia con alghe e molluschi. Ma quanto al glamour la perla dei capelli diventerà un foulard per lo scoglio? L’artista ci ha raccontato una fiaba. La donna nata dal mare guadagna la terra, aspettandosi il calore umano contro il freddo dell’acqua, salvo poi tornare indietro in quanto fraintesa o peggio maltrattata dalla società, la quale si condannerà da sola a precipitare nell’estinzione… Distinguiamo una Nike di Samotracia in cui la teatralità della mitologia si razionalizza, con la filosofia. L’abisso è percepibile come un buco nero per il sole, che dà la perla della terra. In realtà l’acqua salata per noi non risulta commestibile nemmeno al “rilassamento” della superficie. Il foulard dei capelli sarà nodoso per la schiuma delle onde. Una perla ci permette di specchiare il sole, a parità di blu (dal cielo al mare). Dunque la schiuma deriverà dalle nuvole? Più semplicemente, la perla si percepirà come un sole abissale? La donna raccontataci da Aldo Flecchia passerà da uno sboccio incanalato (visitando la terraferma) al rantolo d’un imbuto (preferendo il rientro in mare). Esiste il faro alzato, ed esiste il tappo saltato. Una grande montatura degli arti a chele tramuterebbe in occhiali da perla. Però Aldo Flecchia avrebbe scolpito una danza dello stropicciamento. La sua riflessione sarebbe “autunnale”: col rosa della pelle un po’ rancido, all’abisso. Il cavalluccio marino avrà rimpiazzato la farfalla, in entrambi i casi rispetto alla Nike di Samotracia. Rammentiamo il mito della caverna, da Platone. Per Aldo Flecchia, il prigioniero, cui ancora mancasse l’abitudine alla vista del sole, dichiarerebbe che forse è giusto solo il suo mondo, all’oscurità. Gli occhiali da perla avrebbero un criticismo implicito, sociologicamente.
Nell’opera che s’intitola Avvenire e passato (del 2021, col rame lavorato a sbalzo), l’armatura copre il corpo della figura femminile. Lei trattiene una stilizzazione grafica per il COVID-19, adoperando sia una corda sia una catena. L’alchimia alla teoria fra la scultura e l’architettura ci lascerebbe alla prassi la “giocoleria” del bassorilievo. Con questo, l’illusione del movimento partirà dalla massima staticità. Cromaticamente il rame è percepibile alla “pozione” del legno, affinché l’isolante tramuti in conduttore. Durante la pandemia i governi optarono per disparate direttive che schivassero il virus. Al contrario, con più “coraggio” la figura femminile di Aldo Flecchia avrebbe scovato un rituale terapeutico, se non un vero vaccino (da dimostrare con la scienza). Nell’illusionismo c’è la prassi consolidata d’inserire nuove pareti per spostare qualcuno o qualcosa. La bellezza del corpo femminile non si presta ad un outfit con l’armatura (quantunque necessaria per proteggersi dal contagio, in ospedale). A livello più naturale la pelle perderà la legnosità; ed il glamour fungerà da rame conduttore.
La scultura dal titolo Abbraccio (del 2016, in alabastro) si percepisce permettendo al buco di ribollire. Non è mai conoscibile la formula per l’amore perfetto… L’incastro fra i due corpi rimarrà flessibile, mediante una sorta di ciambella per l’hula hoop. Amando le scelte d’una persona condizionano quelle del suo partner. Simbolicamente, la stretta di mano per l’accordo “si gonfierà” ammantando ogni direzione astrale. L’influenza sarà rimpiazzata dalla responsabilità. Nell’Universo esistono gli anelli planetari. Il magnetismo dell’amore si dispiega tramite la fedeltà.
La scultura che s’intitola Nitriti (del 1992) è in marmo bianco statuario. Esteticamente, ci sembra che la sedimentazione della carne si conservi tramite una fertilizzazione sulla spiga. Più che il futurismo sul progresso, vale il vitalismo del rituale. Ci piace immaginare che il corpo umano porti gli abiti medievali. Una processione è “fertilizzante”, partendo dall’animo per arrivare al materialismo. Il cubismo dei profili estemporanei si percepisce continuamente “agganciato” al vitalismo d’un orizzonte. La carnalità gassosa della spiga (che virtualmente rifrange le nuvole assolate, mentre la scultura ha il marmo bianco) vorrà sublimare il resto solido ma inerme delle ossa, in specie se collegassimo la spina alla ferita. I nitriti possono essere pericolosi per la salute umana. Se nella scultura l’abito avesse un cappuccio conico, allora l’agitazione delle braccia per la magia richiederebbe di ferirsi il cuore, da una spada della trachea. Il pensiero si svilupperà in trance.
Xie Lingyun immagina liricamente di trovarsi a letto, ammalato d’una “cecità” alle stagioni, anche se, aprendo la porta, si potrà ascoltare il “surf” sulla spiaggia, o guardare le cime più alte dei monti. Per la scultura che s’intitola Due mani e due figure, del 1995, Aldo Flecchia aveva scelto il marmo rosa di Varallo. Piace percepire una dialettica: della slavina al surf. Il dettaglio della mano pare sproporzionato in eccesso, rispetto all’interezza del corpo. L’uomo non ha la facoltà della telepatia. Ma la dichiarazione provocatoria, con malcelata genuinità, spesso diventerà imbarazzante da smentire, sotto un condizionamento sociale. La bocca ingigantisce il pensiero. Dopo la slavina della provocazione, ci sarà il surf della puntualizzazione! Gli innamorati temono parecchio gli equivoci. Forse la scultura di Aldo Flecchia fungerà da miniatura per un letto a due piazze, col pollice come cuscino. In un flipper, la forzatura porta all’equivoco del tilt. Immaginiamo che la pallina da lanciare in alto derivi da un urto risvegliante. Chi è maturo deve abbandonare la protezione dei genitori, quantunque possa creare una nuova famiglia.



