LOBODILATTICE

L'ARCHETIPO DELLE RADICI IMPREZIOSITO DA UN MOSAICO DELLA MISTICA

Alla Biennale di Venezia 2022, la sezione dell’Arsenale ospita le opere dell’artista Kerstin Bratsch. Esteticamente, a lei interessa raffigurare un’esplorazione della corporeità, ed in via non solo fisica, ma anche psicologica o perfino sociale. Tutto questo potrebbe riassumersi nella scelta di lavorare sul mosaico. La tessera permette alla figura di riflettersi dal didentro. Ma, se proviamo ad esplorarla, da fuori, finiamo con l’intaccare una complessità di concatenazioni, lasciando un vuoto. Nella società, assumiamo la responsabilità d’un impegno che realizzerà una mansione. Biologicamente, avviene lo stesso per l’organismo. Soprattutto, se la sensazione esplora l’esteriorità, allora la percezione fa da “stampo” per un “incasellamento” della concettualizzazione. Kerstin Bratsch utilizza tecniche di vario tipo, per il suo mosaico. La vetrata colorata si percepisce “incanalata” verso la trascendenza, mentre la marmorizzazione della carta verso l’immanenza. Nel complesso, potremmo immaginare che il mosaico serva a “fossilizzare” una mistica. La corporeità deve racchiudere l’organismo; questo avviene mediante “un’aureola” del respiro. Di norma, la meditazione comporta un allenamento alla gradualità del benessere, rinunciando agli impulsi estemporanei. Il fossile porta in sé “l’aura” d’un mondo di cui vorremmo la “ri-affiliazione”, al presente. Il respiro del vissuto è mistico. Esso permette al corpo di “tesserare” l’anima: da un sentimento personale ad una responsabilizzazione civica. Se il razionalismo incasella, è perché la vita “si fossilizza” in una temporalità, e dalla nascita alla morte. Possiamo immaginare che convenga concatenare tutte le “tessere” per le scelte fatte. L’anima si “stamperà” mediante la personalità. Questo vale all’atto d’una prassi. Invece il mistico cercherebbe di fondere il “fossile” del corpo (che aveva perduto “l’affiliazione” con l’anima). Sarà una riflessione dal didentro, e per la potenzialità esplorativa d’una teoria. Quindi a Kerstin Bratsch interessa visualizzare un’architettura delle “radici” per il vissuto corporeo. E’ il corrispettivo immanentistico per le aureole del respiro interiorizzante. Esteticamente, le opere dell’artista si percepirebbero alla rifrazione d’un caleidoscopio. Come può un fossile tornare a vivere? Bisognerà guardarlo in maniera diversa, e con l’archetipo delle radici “fuso” in un “fungo” delle nervature. La dimensione del vissuto presupporrà che “si spenda” il proprio tempo… La tessera del mosaico si percepirebbe “parassitaria”, rispetto alla forma (all’essenza) d’una rappresentazione sottesa. O quantomeno è questo il decorativismo, fra i vuoti ed i pieni del barocco, mentre si vuole conferire addirittura un’aura all’automatismo labirintico dell’inconscio. La psicanalisi richiede il caleidoscopio, anziché il microscopio! Kerstin Bratsch ama lavorare in meditazione per autoisolamento. Naturalmente, subentrerà “l’aureola” dell’ispirazione. I nervi dell’introspezione percettiva saranno più tentacolari che tubolari, ed in accordo con le pareti a tessere degli organi, nel focolare d’un “cantuccio” rifrangente. Più precisamente, per intercettare lo psichismo della corporeità, alla percezione che si rifletterà fusa sulla concettualizzazione, Kerstin Bratsch parte da una lettura divinatoria. E’ una metodologia che risponde alla recente pandemia, la quale ha costretto le persone a chiudersi in casa. Con la tecnologia si può sviluppare unicamente un contatto “parassitario”, sull’Alterità. Vi guarderemo un mosaico di coscienze, “fossilizzatesi” sulla tessera dell’avatar. L’indicizzazione di Google appare pure “divinatoria”, per chi deve effettuare una ricerca dettagliata. Tutto questo avviene a livello globale, ragion per cui a Kerstin Bratsch interessa l’archetipo filtrato dall’antropologia, come nel caso specifico dei tarocchi.

Le opere d’arte che appartengono alla serie Fossil psychic for Christa (stucco marmo) presentano un decorativismo “chiassoso”. Dal mosaico possiamo riconoscere un volto storpiato, dopo l’incisione d’un “cordone ombelicale”. Esisterà “l’ingranaggio” d’un archetipo, affinché funzioni il metabolismo del vissuto. Nessuno avrebbe tagliato il “cordone ombelicale”, che per l’artista va percepito in nero, come una marmitta oppure una grondaia. Lei è interessata allo stucco, per l’imitazione del marmo. La pelle del viso in compenso crescerebbe di vitalità, passando dal rosa al violetto. L’artista ama la cultura italiana, ricordando nel titolo delle sue opere anche Pontormo, Giotto, Piero della Francesca ecc… Ma è un bel gusto, rispetto al “chiasso” dell’era contemporanea, con le insegne pubblicitarie. Una “mascherina” da Zorro ha disegnato un ringhio fra le labbra, e minaccerebbe di sganciare una granata, dall’orecchio! Quindi lo sguardo non può tradire la rabbia. Il naso a patata s’aggroviglierà per una clessidra. Sarà il count-down d’una pazienza ormai al limite… La tessera del mosaico avrà la sua gigantografia nella classica goccia che fa traboccare il vaso. Il quadro diviene “più che nervoso” (quantunque il viola contribuisca a stemperare ogni incubo).

Kerstin Bratsch può anche “giocare” sull’olografia. I muscoli del viso disegneranno un individuo in miniatura, alla stilizzazione dei propri arti. A livello del naso, il verde cinabro si percepirebbe per la pelle pericolosamente “contaminata” d’una maschera antigas. Gli arti si distenderebbero con uno sforzo notevole. Non è chiaro quanto “l’individuo nascosto” sappia indossare una tuta protettiva… Sembra che il corpo imploda, complice una tonalità diversa fra gli arti del lato destro. Ma l’artista provvede a stemperare il “faccia a faccia” con l’inconscio personale. Sul lato destro, l’esplosione della corporeità sarebbe innescata da una “miccia” che la configurazione floreale, in tono anche rosa. La nostra percezione riguarderà una contaminazione fortunatamente “morbidosa”. Dalle tessere della sensazione, si passerà ai rimbalzi della concettualizzazione. Infatti, gli emisferi cerebrali della figura centrale sono lilla: per una “materia grigia” della morbidezza.

Quando Kerstin Bratsch seziona le parti del corpo umano, pur mantenendole alla ricerca inconscia dell’unità organica, da quelle emerge una primordialità istintuale. Dunque il sopracciglio volerebbe come un pipistrello, l’occhio “mangerebbe” gli Altri (citando Jean-Paul Sartre) come un coccodrillo, la bocca sorriderebbe come il cavalluccio marino ecc… E’ il caso della serie che s’intitola Brushstroke fossils for Christa (stucco marmo). All’artista piace inserire il “fulcro” d’una perla maggiore. Così ogni radice che innervasse (dalla mera sensazione alla risposta d’una percezione) quasi “tesserebbe” una corrispondenza per l’inconscio dell’etere, se il tronco dell’albero possedesse una corteccia ad “anelli planetari”. Per quanto uno sappia contare i propri anni, è lo stato vegetativo che cominciò il processo evolutivo, nel ciclo della vita. Le minute tessere di contorno diventeranno galattiche. Ma quanto la pennellata (citando il titolo) riuscirà a “mitigare” l’esplosione?

A Venezia, Kerstin Bratsch ha esposto anche il quadro a tecnica mista dal titolo Secreta secretorum seele. In particolare, esso è stato appeso, lungo una colonna di mattoni dell’Arsenale. Esteticamente perdura il tema della gigantografia sul volto umano. Ma emerge la preziosità delle pietre adoperate per ricavare il mosaico. L’animo del pittore sarà circoscritto nel “chiasso” d’una tavolozza, prima di “respirare” fra l’alba ed il tramonto d’una velatura. Al tronco con gli anelli del tempo cronometrico, si sostituisce la bocca, per fonderlo, all’eternità d’uno smack dal bacio. La tavolozza del pittore pare riconoscibile, all’altezza dell’ipotetica spalla. Forse la clavicola rimpiazzerà il cavalletto… La forma rettangolare del quadro s’addice ai tarocchi. Ci stanno gli occhi “spiritati”, che daranno un responso oracolare, a chi inserisca la sua mano dentro la grande bocca. Le pietre si percepiscono sin troppo preziose per limitarsi a mascherare, in un “buio” dell’inconscio. Piuttosto noi le percorriamo, lungo un guado (dall’occhio sinistro al labbro). Così il decorativismo “pacifica”, sognando.

Andrea Zanzotto immagina che il tono della primula infonda il calore ai piedi, mentre il vento farà vibrare le “logge” degli steli o delle chiome, ed il sole parrebbe un “baco”, fra i boschetti spinosi. In tutti i casi, bisogna che noi percepiamo il cingersi della Natura. E’ qualcosa che ha il proprio corrispettivo nella “sete” dell’uomo, ad infondere, vibrare e tessere fra i “vasi” del petto. Occorrerà un respiro che letteralmente “si sazi”, al fine di rinascere.

Lungo la colonna dell’Arsenale, è stato appeso pure il quadro a tecnica mista dal titolo Wachter (life is beautifool heiliger Johannes). Esteticamente, quello è impreziosito per la sua funzione di vetrata, più che dalla tipologia di pietre. Sembra che il busto di San Giovanni si regga su una “loggia” di palle da giocoliere. Un festone fungerebbe da aureola, fra i lunghi capelli. L’uso dei colori fosforescenti toglie qualunque spinosità. Immaginiamo che, se i capelli fossero tubolari, allora il principio dei vasi comunicanti subirebbe un “travaso… sparato”: dall’arte del giocoliere (coi cerchi alla base, sul piano orizzontale). Lo sfondo s’elasticizza, in un’atmosfera le cui luci hanno l’arcobaleno addirittura sulla materia terrestre, con le dune. In questa vetrata, il petto virtuale (sotto il realismo della testa), che ovviamente nasconde l’intimità del cuore, “pulsa” con tutta la sazietà delle bolle. Noi siamo sempre assai presi dal nostro sogno.