LOBODILATTICE

le gabbie di Vincent Performance

La propria vocazione può essere al contempo gabbia e libertà, tormento e via di fuga. Il giallo-cromo, un colore vivido, brillante e tossico, era per Vincent Van Gogh emblema dell’energia vitale che lo abitava e attanagliava. Un’energia che era forte, incontenibile, talvolta violenta. Un’energia che non riusciva a lasciar fluire, se non attraverso la pasta cromatica e la vorticosità della sua pittura, o il flusso di parole che scriveva nelle sue lettere a Theo. Si racconta persino che arrivasse a mangiare questo colore, da lui stesso definito “l’alta nota gialla,” direttamente dai tubetti, immaginando forse di poter portare quell’energia vitale dentro di sé.

Il giallocromo era per Van Gogh una sorta di libertà che non gli era dato vivere appieno.

A livello psicologico, l’analisi cromo-simbolica del giallo evidenzia il fatto che questo colore sia legato al pensiero creativo e orientato verso l’azione. Ma il giallo di Vincent, che era il suo respiro – una luce che aveva dentro e che tentava di irradiare fuori da se attraverso la sua pittura –, è stato sovente abbinato al concetto di follia. Un po’ come avveniva nell’Antica Grecia, dove i “folli”, per essere riconosciuti, erano obbligati a vestire di giallo. Il giallo era il colore di una libertà che, non potendo fluire, divenne prigionia.

Ma forse quella follia altro non era che preghiera di libertà.

 

“LE GABBIE DI VINCENT [Fuga in giallocromo]

è un performance che indaga le parole semplici, autentiche e profonde di un artista la cui biografia ha sovente sopraffatto la sua autentica ferocia poetica, pittorica e verbale.

Vincent aveva fatto della pittura, come della parola, la propria libertà e al contempo la propria prigionia.

Quell’energia si liberava soltanto nell’atto del dipingere e veniva “ascoltata” soltanto nel gesto della scrittura.

La parola e il colore. Due forme di libertà, e due isole che lo distanziavano dal mondo, salvandolo spesso da se stesso.

C’è una lettera di Vincent che chiarisce bene la sua percezione della libertà e della mancanza di essa, in cui l’artista fornisce una lucidissima analisi della propria condizione e della propria ricerca. Sulla traccia di quella lettera avverrà l’azione performativa.

Una performance in cui l’energia vitale, quell’alta nota gialla, tornerà al corpo, alla pelle, alla carne, all’anima.

Come una pioggia di luce che restituisca libertà.

Anche se quella libertà, può esser considerata follia.

 

(Giovanna Lacedra)

 

Live performance:

sabato 7 luglio ore 21.30

Festival di Arti Performative LA VOCE DEL CORPO - Quinta Edizione.

Spazio Opera Fabrizio De Andrè - Osnago (Lecco)

 

ingresso gratuito