LOBODILATTICE

davide dall'osso

biografia: 

Dopo essersi diplomato come attore di prosa alla Civica Scuola d’Arte
Drammatica Paolo Grassi di Milano, collabora con registi importanti
quali Maccarinelli, Vargas, Punzo, Salmon, Arias, Avogadro e Ronconi,
ed è tra i fondatori dell’associazione artistica interdisciplinare A.I.D.A.
La passione per il teatro, per la danza e per le arti visive lo induce da
subito a scegliere la contaminazione dei linguaggi, stimolandolo allo
stesso tempo a intraprendere uno studio sul corpo, sullo spazio e sulla
materia.

L’artista si interroga inoltre sulla valenza emotiva-emozionale dell’arte
e sulla sua funzione pubblica come motore di cambiamento sociale.
Insieme ai colleghi dell’associazione A.I.D.A. si impegna in diversi progetti, tra cui un lavoro di ricerca teatrale che lo coinvolge per 3 anni, insieme ai giovani detenuti del carcere minorile Beccaria di Milano, con i quali costruisce un linguaggio fatto di forte fisicità e ritmo,che verrà espresso in più spettacoli.

Nel contempo, dal teatro e in particolare dal lavoro compiuto
sulle grandi installazioni degli spettacoli itineranti di Enrique Vargas,
trae ispirazione per sperimentare l’uso della scultura come mezzo
di espressione creativa.
Ad interessarlo, fin dagli esordi, è soprattutto la possibilità di creare
attraverso la scultura, una chiave di lettura, della spiritualità dell’uomo
contemporaneo, ricercando, sopratutto attraverso la psicologia
e i “nuovi rituali tribali”, le molteplici forme consce e non, che essa
ha assunto “uscendo” dalle religioni. Questo aspetto connoterà da qui
in avanti il suo intero percorso artistico.

La ricerca materica, si muove parallelamente alla creazione, inizialmente “accademica”, in creta delle opere da realizzare. L’artista è dotato di una “istintiva capacità figurativa”, che lo porta da subito a realizzare in creta e successivamente resina , figure umane ed animali a grandezza naturale. In maniera particolare è la figura del cavallo a colpire la sua espressività. Nella forte fisicità del cavallo infatti, l’artista riconosce le “pulsioni spirituali” dell’uomo del proprio tempo.
I primi cavalli vengono realizzati in creta e resina, ed è durante questa
lavorazione che l’artista fa un primo passo verso la ricerca di nuovi
materiali. Le strutture che devono essere realizzate per sostenere
la creta che, plasmata, diventerà scultura, sono realizzate in un vero
e proprio scheletro in tondini, filo di ferro e rete metallica.
Questa struttura, scarna, forte e al contempo più “nuda” di carne
e dettagli, metteva spontaneamente in evidenza la “fragilità dell’essere”, che veniva da essa rappresentata. Da questo momento, verso la fine degli anni novanta, inizia la realizzazione di grandi cavalli in filo metallico completamente intrecciato a mano.

La ricerca del materiale metallico lo porta a frequentare discariche
differenziate, grandi spazi per il riciclo dei materiali, luoghi nei quali
tuttora recupera quasi il 100% dei materiali utilizzati nelle sue realizzazioni.
E cercando materia per le sue sculture, nei centri di recupero e riciclo
dei metalli, “scopre” elementi di differenti fusioni inglobati a cavi metallici, reti, lamiere, che ne distorcono la “natura primaria”, contaminandola, rendendola meno perfetta, meno pura, quindi più vicina all’uomo, alla sua “umana spiritualità”.
Il passo successivo avviene automaticamente. Da subito ricerca
ed avvia le prime sperimentazioni di trasformazione e accorpamento
di materiali metallici nelle soluzioni acido-cristalline. Le nuove “tessiture” ottenute lo portano a modificare la propria scultura, rendendola più introspettiva. Figure sospese, zoomorfe e antropomorfe in ferro zincato, rame e ottone, trasformati “alchemicamente” in corpi di luce e cristalli. L’ossido e la ruggine che da essi trasudano richiamano però una inevitabile mortalità.

Alla cristallizzazione dei metalli affianca nel tempo altre tecniche.
La fusione sui metalli e successivamente sulla creta di materie plastiche come i metacrilati e i policarbonati provenienti da scarti industriali, gli permettono di sospendere nell’aria, figure trasparenti alle quali la luce, colpendole ed attraversandole, dona uno stato di continua metamorfosi.

Sicuramente l’artista, pur avendo mantenuto del tutto inalterata la sua
ricerca personale-artistica, sulla spiritualità dell’uomo contemporaneo,
ha trasformato, invertendolo, il proprio processo creativo.
Mentre nei suoi primi anni di ricerca la materia era finalizzata alla parte
finale dell’espressione della ricerca stessa, oggi i materiali plastici che
utilizza nella fusione, sono lo stimolo principale della sua realizzazione.
Il suo attuale lavoro sui policarbonati verte sulla possibilità/impossibilità di arrivare, attraverso la fusione, ad un grado zero della materia, alla ricerca di un vuoto dal quale il processo creativo possa rigenerarsi.

Un vuoto impossibile di materia umana, che lasci soltanto un movimento nell’aria, un fremito attraverso la pelle di chi per un attimo si sofferma, come un ricordo improvviso che non si riesce a mettere
a fuoco perché già passato, come essere per una parentesi di tempo
di nuovo spirito

URL: 
http://www.davidedallosso.it
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Milano