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"I ritmi delle tracce. Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli, Marisa Settembrini"

Inaugura

Sabato, 14 Maggio, 2022 - 17:30

Presso

Galleria Arianna Sartori
via Ippolito Nievo, 10 - Mantova

A cura di

Carlo Franza e Arianna Sartori

Partecipa

Sergio Gimelli Patrizia Quadrelli Marisa Settembrini

Fino a

Giovedì, 26 Maggio, 2022 - 19:30

"I ritmi delle tracce. Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli, Marisa Settembrini"

Comunicato

La Galleria “Arianna Sartori” di Mantova, nella sede di Via Ippolito Nievo 10, presenta la mostra “I ritmi delle tracce” opere di Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli e Marisa Settembrini.

La mostra si inaugura Sabato 14 maggio alle ore 17.30 alla presenza degli Artisti con presentazione dello Storico dell’Arte Prof. Carlo Franza.

L’esposizione, curata da Arianna Sartori, resterà aperta al pubblico fino al prossimo 26 maggio 2022 con il seguente orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, chiuso Domenica e Festivi.

 

I ritmi delle tracce

Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli e Marisa Settembrini

Il lavorìo creativo degli artisti da sempre si avvolge di tracce, ne cattura forme ed essenza, le svela nel proprio operato marcando zone o con tracce d’esistenza come fa ad esempio Gimelli, o innervando percorsi di macchie e di lacerti di colore come la Quadrelli, o utilizzando memorie della storia antica e contemporanea come fa la Settembrini. E dunque le tracce vivono o in forma materiale o in forma memoriale. Ecco la mostra campionata alla Galleria Sartori di Mantova, con essa vive la pelle e l’anima della pittura.

Il recente capitolo di opere di Sergio Gimelli muove all’interno di quel filone che è propaggine naturale dell’immagine ormai compromessa, così da portarsi ad appartenere ad una sorta di “nuova icona” che approdata su rive lontane dal realismo lirico, è divenuta oggi realtà sublime, assolutamente libera, svaporata, transitante; sicchè ormai lontana da un realismo tout court per essere, come di fatto lo è, “ideographic picture”, estetica nuova della cultura europea, che si fa racconto dell’oggi. Con tecniche diverse, carte applicate, ritagli e colori e toni pastellati, il lavoro di Gimelli vive una radicalità del nuovo gesto pittorico, racconta il presente, si fa diario e memoria di tracciati esistenziali e di figure – occasioni già care a molti artisti contemporanei – che riprendono con naturalità l’umano desiderio del sublime e di emozioni assolute. Memorie, ma anche nostalgie, leggende dell’oggi, miti, dove la concretizzazione ha lasciato il posto all’accenno, a tracce impresse in modo talvolta informale, immagini imperanti che sfuggono ormai le intenzioni figurative o narrative, per essere infine eroiche, oltre la bellezza, in quanto ritornanti all’arte anestetica, non bella, ma decisamente pretesto e filosofia. Egli racconta la storia dell’oggi, quotidiana, transitante, attraverso una narrazione che utilizza elementi di cronaca domestica e privata, il cui contenuto e la cui costruzione sono ugualmente significativi all’interno di uno spazio dove si trasmettono dei pensieri che vanno al di là del tempo e lo spazio rappresentati. Gimelli scandaglia il mondo e lo ferma con l’immagine, tra il fotografico e la distorsione, l’occasione sopraggiunta, propizia, con la visione potenziata nel clima del colore piuttosto che nel segno, va alla ricerca del tempo perduto grazie a una creatività che fa aggallare interi mondi di recupero della memoria, attraverso materiali che sollevano il pensiero fra intervalli di tempo.

Nel passaggio dal vedere all’osservare, nell’essere dentro la pittura, dentro la situazione, il clima neo-informale che ci declina Patrizia Quadrelli nei suoi recenti lavori pittorici occasionati per questa mostra, dove le forme-informi sono approdate alla coscienza e lasciano vivere proprie epifanie, ecco che il processo della ripetizione modulare si fa chiaro. È pur sempre un racconto, un entrare dentro la situazione, un rappresentare paesaggi anomali, ove tutto pur se appare controllato e razionale, vive ancora in modo pulsante nell’immensità dello spazio, aperto all’infinito, dove predominano il senso della memoria e il sogno. Forme aggettanti, aperte a sentieri, in una sorta di dinamismo cosmico, da richiamare talvolta anche certe forme di Roberto Crippa. Nelle campiture dei dipinti, in cui vive la ritmica distribuzione di forme e colori, tenuti al basso, quasi a rammentare la nascita del mondo, spazi nello spazio, fuori dal caos ancestrale, il mondo di Patrizia Quadrelli vibra come un’anima in piena effervescenza cromatica, cosmica, nebulosa, stellare. Tecnica e materiali svelano la sintesi della propria estetica, ma anche che tanti quadri formano un unico quadro, e una moltitudine di immagini vengono percepiti come un’unica opera, da far rammentare la fertile progettualità di Emilio Vedova tra astrattismo e informale. Patrizia Quadrelli ci consegna oggi delle opere ove appare un ritorno alla scomposizione-composizione, attraverso un geometrismo coerente ma discontinuo, per certi aspetti quasi modulari, ove si palesa una variazione continua di contenuti, di processi e di forme.

L’arte di Marisa Settembrini persegue la ricerca di un ideale millenario che la nostra civiltà ha sempre considerato una delle sue espressioni più alte, la bellezza tradotta da una certa concezione del corpo umano. Da Fidia e Prassitele a Rodin, passando da Michelangelo e Canova, eppoi verso taluni contemporanei come Mimmo Rotella e Jacques Villeglè, la sua pittura esprime, tramite la perfezione dell’architettura umana, la presenza del mistero. Le sue opere si snodano attorno alla riconquista di una forma di bellezza considerata desueta da quei modernisti. Fin dai suoi esordi, negli anni Settanta, il lavoro della Settembrini si è mosso ai margini di correnti dominanti quale l’arte concettuale, l’arte minimalista o i diversi approcci dell’arte astratta. Ella può essere associata  da una parte ai Nouveaux realistes per una affinità stilistica o generazionale per via degli strappi cartacei, i decollages, dall’altra alla Poesia Visiva o meglio alla Poesia Visuale. Poi quando negli anni Ottanta abbiamo assistito a un ritorno alla figurazione, alla rivalorizzazione del passato e della mitologia, scopriamo che la sua opera sfugge a precise tendenze e, per contrasto, rivela tutta la sua specificità. A prima vista l’opera sorprende per il suo sviluppo organico, per la sua apparente immobilità, per la sua costante epurazione, seminando nuove basi, aprendo nuove piste. Ecco spingere l’arbitrarietà del segno al punto di dissoluzione segnalato da Jameson, e cioè al punto in cui i significanti, lettere, numeri e così via, sono diventati letterali “liberati dal fardello dei loro significati”. La Settembrini attinge dal mondo classico e dal mondo contemporaneo i valori che insuffla nelle sue creazioni. La serie di “mitografie” (vedi Divus e Diva) e di “liturgie romane” hanno un’efficacia barocca, caratteristica questa ancora presente nelle recenti espressioni figurative. Le immagini vivono un’autentica valenza, una sublimazione creativa che ostenta la storia, la cronaca, l’arte, l’estetica, la narrazione del grande o piccolo frammento; la citazione iconica della grande immagine è costruita in un fotomontaggio che fa leggere sia la lingua figurale che l’impianto verbale che incornicia, solleva, innalza, pone, illumina il senso della visione, ipernova, perché si porta oltre la bellezza artificiosa. Anche le altri immagini – ridotte – catturate dai media, e dal cartaceo, o fotografate dalla originaria culla urbana (vedi le liturgie romane) sono dilatate, oltre lo slabbramento dei margini in un paradiso di forme che vivono un happening della memoria. La figura umana, o meglio quelle parti di volto e di sguardo, strappate, ritagliate, vere finestre visive, ne escono altamente valorizzate poiché portano in sé l’impronta dello sforzo per superarsi. Il suo sguardo, rispetto al passato, non è nostalgico, bensì basato sulla scommessa di insufflare l’ideale di bellezza nell’ambiente quotidiano. La sua ricerca interroga l’atteggiamento modernista, il nostro rapporto con le fonti della nostra civiltà, il ponte che ci ricollega con il fondo comune dell’identità occidentale… Queste piccole “finestre” che ricreano la superficie dell’opera sono decorazioni o forse i frammenti di un’altra opera? Ogni frammento rimanda a un’opera che ci sfugge nella sua totalità ma la cui probabile esistenza ci viene indicata dall’immaginario. In questo modo ogni frammento evoca altro e così via, all’infinito. L’uso della frammentazione e del collage è una pratica moderna, porta ad assemblaggi insoliti. Il gusto di fabbricare storie ci ricorda i romantici e la loro passione per le rovine, per le tracce delle intemperie e i segni del tempo trascorso. Ancora una volta ciò che è in ballo è il nostro rapporto sempre mutilato con il passato e la sua abilità di artefice. Il frammento rivela la mano e l’abilità dell’artista, non il talento aleatorio del tempo. “Con modernità intendo l’effimero, il fugace e il contingente” scriveva Charles Baudelaire nel 1863, “la metà dell’arte di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”.

Carlo Franza, Milano, aprile 2022

 

 

Sergio Gimelli è nato a Milano nel 1976, dove vive e lavora. Ha conseguito la Laurea in Pittura, allievo di Stefano Pizzi, e in Nuove Tecnologie dell’Arte, all’Accademia di Belle Arti di Brera. Negli ultimi anni, la frequentazione dell’artista Marisa Settembrini ha maggiormente portato la sua ricerca verso la sperimentazione pur non tralasciando il suo interesse per il ritratto e la figura. Nel 2017 è invitato dal Prof. Carlo Franza con una mostra personale al Plus Berlin di Berlino, nel 2018 sempre con una personale al Plus Florence di Firenze e alla Rassegna “Cielo e terra. Omaggio a Girolamo Comi” nel cinquantesimo della morte, a Palazzo Comi, Lucugnano (Tricase). Ha partecipato alle mostre “Transiti Contemporanei” nel 2018 e “La misura del respiro” nel 2019, ambedue curate dallo Storico dell’Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza a Milano nella sede di Artestudio26. Sempre nel 2019 ha partecipato ad una rassegna alla Fabbrica del Vapore di Milano e tenuto una mostra personale dal titolo “Occasioni del tempo” al Plus Florence di Firenze. Nel 2020 e 2021 è presente con alcune opere alle edizioni della Milano Digital Week e invitato da Stefano Pizzi, illustre docente dell’Accademia di Brera, alla realizzazione di un’opera per il calendario delle fiere nel mondo per la Fiera Milano Media. Nel maggio 2021 è sempre l’illustre Storico dell’Arte Prof. Carlo Franza, ad invitarlo a tenere una mostra personale dal titolo “Intervalli di tempo” al Plus Florence di Firenze nel Progetto “Scenari”. Nello stesso anno è presente con un’opera al Barriques Museum di Gibellina, è stato invitato a partecipare all’ 8° edizione della biennale del “Museo sotto le stelle” di Casoli di Atri, è presente con alcune opere alla mostra “Rinascita” presso The Dap Art Park di Milano, curata dal Prof. Stefano Pizzi e dal Prof. Vittorio Corsini, ha partecipato con un’opera alla mostra dal titolo “Autoritratti e Ritratti di personaggi illustri” presso la Casa Museo Sartori di Castel d’Ario (MN) curata da Arianna Sartori.

 

Patrizia Quadrelli è nata a Saronno nel 1958, dove vive e lavora nell’azienda di famiglia. È iscritta all’Accademia di Belle Arti di Brera nel Dipartimento di Pittura. Ha sempre avuto una forte curiosità per i fenomeni dell’arte moderna e contemporanea. La sua naturale inclinazione e l’attitudine al fare artistico e l’incontro nel 2015 con l’artista Marisa Settembrini ha fatto maturare il lei il desiderio di intraprendere un percorso artistico di studio, ricerca e sperimentazione. Il fascino del vetro e dei materiali e la simbologia delle forme sono stati gli elementi della sua iniziale ricerca, per giungere all’attuale lavoro più informale e segnico. Nel 2017 è invitata dal Prof. Carlo Franza con una mostra personale al Plus Berlin di Berlino, e nel 2018, con una personale, al Plus Florence di Firenze e alla Rassegna “Cielo e terra. Omaggio a Girolamo Comi” nel cinquantesimo della morte, a Palazzo Comi, Lucugnano (Tricase). Nel 2018 e nel 2019 ha partecipato alle mostre “Transiti Contemporanei” e “La misura del respiro”, ambedue curate dallo Storico dell’Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza a Milano nella sede di Artestudio 26. Sempre nel 2019 tiene una mostra personale dal titolo “I colori del sogno” al Plus Florence di Firenze. Nel maggio 2021 è sempre l’illustre Storico dell’Arte Prof. Carlo Franza, ad invitarla a tenere una mostra personale dal titolo “Della poesia per frammenti”  al Plus Florence di Firenze nel Progetto “Scenari”, e nel settembre è presente alla mostra “Autoritratti e Ritratti di personaggi illustri” – Casa Museo Sartori – Castel d’Ario (MN). Tra il 2021 e il 2022 tiene una mostra personale dal titolo “Fra sogno e realtà” a Milano nello Spazio Contro corrente nel Progetto Nuova Balconata Milanese – Due, presentata dal Prof. Carlo Franza. È ancora il Prof. Carlo Franza ad invitarla nel Progetto “Disseminazione monumentale a Venezia” in occasione della 59ma Biennale d’Arte a Venezia nel 2022.

 

Marisa Settembrini è nata nel 1955. Dopo aver frequentato l’Accademia di Brera e la Kunst Akademie di Monaco di Baviera, è stata Titolare della Cattedra di Pittura al Liceo di Brera. La sua attività parte dal 1976 con l’invito alla mostra “La nuova figurazione italiana” al Palazzo dei Congressi di Roma, per conto della Quadriennale Romana. Numerose le mostre personali in Italia (Roma, Firenze, Venezia, Alcamo, Lecce, Todi, Milano, Erice, San Vito Lo Capo, Pavia, Brescia, Sondrio, Loreto, Teglio, Mantova, Recanati, Matera, Genova, Napoli, ecc.) e all’estero (New York, Monaco di Baviera, Berlino, Dusseldorf, Praga, Londra, Parigi, ecc.), e le partecipazioni a importanti rassegne. Presente in vari Musei stranieri e italiani. Ha vinto il Premio Lyceum per la grafica nel 1984, per la pittura nel 1994 il Premio Cortina, nel 1995 il Premio Saint Vincent, nel 1996 il Premio Bormio e il Premio Milano, il Premio Turris Magna- Città di Tricase, il Premio delle Arti- Premio della Cultura nel 2000 e nel 2003, il Premium International Florence Seven Stars-Grand Prix Absolute nel 2017, nel 2018 il Premio Artecom per la Cultura a Roma alla Biblioteca Vallicelliana e insignita dell’onorificenza di Ambasciatrice dell’Arte a Firenze. Nel 2011viene invitata a partecipare alla 54ma Edizione della Biennale di Venezia. Nel 2019, promossa dalla Regione Marche-Assessorato alla Cultura e dal Comune di Recanati-Assessorato alla Cultura tiene una personale dedicata al poeta Leopardi per la ricorrenza dei 200 anni dell’Infinito; e poi a Matera capitale della Cultura 2019. Nel 2021 tiene una personale a Roma per il Ventennale della Collezione Farnesina, promossa dal Circolo Esteri del Ministero degli Esteri. Nel 2022 è invitata in un Progetto/Biennale di Venezia 2022.

Della sua arte hanno scritto critici e scrittori italiani e stranieri, da Giulio Carlo Argan a Luigi Carluccio, da Antonio Del Guercio a Enzo Fabiani, da Ferguson a Carlo Franza, da Virgilio Guzzi a Domenico Montalto, da Elisabetta Muritti a Nello Ponente, da Franco Russoli a Roberto Sanesi, da Walter Schonenberg a Marco Valsecchi, e ancora Fulvio Papi.

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