LOBODILATTICE

umanesimo

Inaugura

Lunedì, 26 Febbraio, 2018 - 10:45

A cura di

Dario Lodi

Fino a

Lunedì, 26 Febbraio, 2018 - 10:45

umanesimo

Comunicato

C’è Umanesimo e Umanesimo

 

L’Umanesimo più noto è quello fiorito fra Quattro e Cinquecento. Lo si deve a studiosi precedenti che, per varie ragioni, avevano potuto studiare su testi classici recuperati nel corso di commerci con l’Oriente e con le Crociate.  Aristotele, ad esempio, diventa importante grazie agli Arabi. Tutto questo viene elaborato alla perfezione verso la fine del Quattrocento. Per brevità, bisogna rifarsi a Pico della Mirandola e al suo saggio sulla dignità dell’uomo. La vulgata tradizionale posiziona, grazie a questo fenomeno umanistico, l’uomo al centro delle cose, vedendo, a forza, trionfare il positivismo (ovvero la concretezza) persino sulla trascendenza. Va precisato che, invece, non era questo l’intento di Pico della Mirandola e compagni. La centralità dell’uomo, nell’Umanesimo, è concepita come raggiungimento di una consapevolezza sentimentale (e razionale, ma d’una razionalità speciale, senza nulla di aggregato fisico) del mondo. Possiamo dire che qui l’uomo “sente” il mondo e ne avverte la grandezza incommensurabile (ma percepibile in modo sensibile, spirituale) che, dati i tempi, ovviamente identifica con dio. Perché dati i tempi? Dati i tempi perché chi dominava la condizione psicologica dell’uomo era la religione. Era impossibile uscire da quella specie di circolo vizioso.

La grandezza del primo Umanesimo sta in una lotta intellettuale per divincolarsi dal timore della religione. Come dire non agisco perché temo di dover affrontare qualcosa di più grande di me. La lotta di Pico e compagni (relativamente non pochi) riuscì in buona parte proprio perché sorse il coraggio di andare oltre certe piatte convinzioni, un coraggio peraltro corroborato da importanti letture e da pensieri nuovi sollecitati da nuove prese di coscienza. Intanto, la partecipazione diretta all’opinione espressa, ovvero l’assunzione di responsabilità della dichiarazione. Questa assunzione non era, per la verità, cosa nuovissima. La sua esposizione appare, infatti, già in Dante e si specifica alla perfezione allorché il poeta, alla fine del paradiso, emette la sua opinione sulla divinità: e cioè essa è qualcosa di etereo che si avvicina molto alla spiritualità pura. Dante trascura la mediazione ecclesiastica e guarda in faccia da solo la trascendenza. Il Medioevo delle cattedrali simboliche, in certo qual modo terrorizzanti, capaci di mettere soggezione, sta finendo. La dignità dell’uomo in quanto uomo sta avanzando con passi sicuri. Certo, come si diceva, siamo ancora in un ambito religioso incombente, ma gli umanisti riescono a tramutare, sottotraccia, la religione in spiritualità, lasciando la chiesa romana nelle braccia del potere secolare (cioè un potere come gli altri e non super partes).

L’Umanesimo quattrocentesco s’era messo in testa il compito di moralizzare i costumi e di promuovere la cultura, chiave di volta del processo civile. Insistendo con i valori spirituali, criticava direttamente (e soprattutto indirettamente) l’istituto religioso tradizionale, perso nelle frasi fatte e nei riti consunti. Anziché solo dire della spiritualità, come praticamente faceva la chiesa, gli umanisti la vivevano, la percepivano con chiarezza. Che fosse una superfetazione da estrazione ecclesiastica è anche possibile, ma di sicuro questo vivere la spiritualità andava a sorreggere la robusta impalcatura intellettuale dell’uomo nuovo.

All’Umanesimo quattrocentesco dobbiamo tutto. È stato il motore che ha prodotto i fenomeni successivi, Razionalismo, Illuminismo, Positivismo, guidando l’umanità verso una consapevolezza ancora maggiore e squisitamente umana, propria della specie. Pensiamo allo sviluppo dell’intelligenza, alle conquiste scientifiche e mediche, al concetto di progresso (sconosciuto in tutta la storia precedente, occupata nella conservazione) e quindi all’evoluzione del laicismo.

Nell’Umanesimo moderno assistiamo a un coraggioso distacco dalla metafisica. Distacco coraggioso perché l’umanità è stata (e in buona parte lo è ancora) soffocata per millenni dalla religione, intesa come organo di potere. Non lo si dirà mai abbastanza: altra cosa è la spiritualità. Ovvero altra cosa è l’esistenza (sfuggente) rispetto alla vita (presto sfuggita). Per quanto riguarda la vita (più a portata di mano) altra cosa è fare per conservare e altra cosa è fare per progredire nella conoscenza e dunque migliorare le proprie condizioni, aprire le menti.

Grazie agli effetti delle numerose rivoluzioni industriali, si tende a scambiare il nuovo umanista per protagonista borioso e ignorante di cose umane (conseguenza della presa di potere da parte della borghesia affarista). Le discipline umanistiche sono trascurate, l’arte emarginata, la filosofia messa a riposo. Per come va il mondo oggi sembra di poter dire che tutto questo è frutto di una grave presunzione per cui l’uomo – il laico – non è capace da solo di andare verso la perfezione proposta da teorie sovrumane. Pensiamo ai risultati raggiunti da Vico (corsi e ricorsi storici: come dire, l’uomo senza guida superiore ripete gli stessi errori), da Manzoni (senza la provvidenza divina l’umanità scomparirebbe, il mondo non esisterebbe) e, molto più recentemente, dal filosofo francese Lyotard, il quale paventa un mondo postmoderno assai simile a quello orwelliano descritto nel famoso romanzo “1984”: piattume industriale e commerciale, robotizzazione degli esseri viventi, fine della fantasia e della sensibilità.            

Per obiettività dovremmo invece dire che il fenomeno laico, l’Umanesimo moderno, è praticamente solo agli inizi, rispetto ai secoli passati trascorsi nella penombra della ragione impastata di credulità. A proposito di penombra, ci viene in mente la caverna di Platone: gli uomini finalmente ne uscirono e scoprirono il sole. Forse la scoperta del sole è eccessiva per l’uomo moderno, ma di sicuro egli ci sta provando, pur facendo fatica fra mille trappole, per fortuna superficiali. Si sta parlando di uomo ideale? Cioè inesistente? No, si sta parlando semplicemente di un idealismo per così dire davvero ideale (fatto di libertà piena) che alberga nel cuore di tutti gli uomini. Si è risvegliato quest’uomo, è per così dire risorto. Sta già stropicciandosi gli occhi? Ha finito di emettere il solito sbadiglio? Riconosce già se stesso allo specchio e non un suo simulacro? 

Dario Lodi