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Eugenio Espinoza — Unlocking something

Inaugura

Giovedì, 12 Ottobre, 2017 - 19:00

Presso

Galleria Umberto Di Marino
Via Alabardieri 1, Napoli

Partecipa

Eugenio Espinoza

Fino a

Venerdì, 22 Dicembre, 2017 - 20:00

Eugenio Espinoza — Unlocking something

Comunicato

La Galleria Umberto Di Marino è lieta di presentare, giovedì 12 ottobre 2017, la prima personale italiana di Eugenio Espinoza, dal titolo Unlocking something.

Punto di riferimento nella scena artistica venezuelana per lo sviluppo del dibattito internazionale e della critica al Modernismo, l'artista ha modificato fino ad oggi un corpus di opere costituito nel corso degli anni Settanta: è lo sviluppo di una prospettiva coerente in relazione alla propria ricerca, caratterizzata da un occhio vigile e critico nei confronti del sistema dell'arte.

Il ready made di se stesso, infatti, è frutto di una costante riflessione su come l'opera d'arte viene fruita e quali varianti semantiche possono sovrapporsi applicando differenti logiche espositive. Il punto di vista del pubblico è dunque l'innesco che permette al processo artistico di compiersi e sconvolgere le proprie premesse di partenza.

Dalla familiarità con le ricerche dei suoi due maestri: le Reticuláreas organiche di Gego e le figure monocrome di Gerd Leufert, passando attraverso lo studio di una critica istituzionale ai primordi, per finire alla lezione di Piero Manzoni e al senso rivoluzionario dello spazio di Lucio Fontana, Eugenio Espinoza colleziona tutti gli elementi per formulare il proprio disappunto nei confronti dell'imperante paradigma modernista in America Latina.

Lo smascheramento della costruzione sociale imposta dalla classe borghese, infatti, si rivela in tutta la sua evidenza attraverso l'adozione della griglia nera, sintesi assoluta di ogni possibile rappresentazione della realtà. Mutuando la più radicale delle lezioni dell'Astrattismo, dalle avanguardie storiche alle esperienze cinetiche in Europa e quelle concettuali e minimaliste a New York, l'artista supera ogni rigidità per dare al proprio gesto la cifra della manipolazione, deformando, stracciando, estendendo, appesantendo, dislocando continuamente il suo supporto.

Nel 1972 all'Ateneo di Caracas fu presentata per la prima volta l'ormai storica installazione Impenetrable, un reticolato dipinto su una gigantesca tela non preparata e sospesa al soffitto a coprire l'intera superficie espositiva della stanza, in modo da impedire il passaggio dei visitatori. Laddove molti hanno letto un rimando ironico ai Penetrable di Jesùs-Rafael Soto e Hélio Oiticica, vi era soprattutto il primo passaggio di una pratica artistica che si apre all'imprevedibilità del quotidiano, come accaduto poi l'anno successivo alla Conkright Gallery. Il pubblico è stato qui incoraggiato a tagliare in pezzi la tela per farne l'uso che preferiva, destinando così la griglia ad essere più volte indossata durante le sue performance.

La riflessione, poi, prosegue sul contesto urbano a partire da Participaciones del 1976, quando quattro performer negoziano reciprocamente il proprio movimento collettivo nello spazio, avvolti in una cartografia. In questo caso sono i corpi a determinare la griglia in rapporto alla sua funzione sociale, in un'azione che intende la mappatura come processo dinamico esperito da un corpo fisico.

La sintesi rappresentativa sfonda dunque i luoghi istituzionali per uscire nel mondo reale, sottolineando la miopia e l'ignoranza sociale di una classe economica e politica che non ha mai smesso di dimostrare i propri limiti. Eugenio Espinoza coglie lo snodo cruciale della questione, il punto di passaggio tra un sistema predeterminato a tavolino e il suo scontrarsi con la complessità e la violenza del corpo sociale, che anche oggi, nell'era digitale, è alla ricerca di nuove grammatiche e nuovi strumenti di coesione.

Il progetto allestitivo darà conto, quindi, dei vari filoni di ricerca intrapresi dall'artista nel corso degli anni, per offrire un primo affaccio sulla sua storia, dando al tempo stesso un esempio di riattualizzazione dell'intero processo artistico.

Eugenio Espinoza è nato nel 1950, a San Juan de los Morros, in Venezuela. Dal 1966 al 1974 ha studiato presso l'Escuela de Artes Plasticas Cristobal Rojas e l'Instituto de Diseno Newmann-Ince a Caracas. Dal 1977 al 1981, ha vissuto a New York dove ha studiato presso l'Istituto Pratt, l'Università di New York e la Scuola di Arti Visive. Nel 1972 espone al Museo de Bellas Artes e "Impenetrable" all'Ateneo de Caracas. Nel 1985 ha rappresentato il Venezuela alla Biennale di Sao Paulo. Il suo lavoro è nelle collezioni permanenti della Tate Modern, Londra, U.K.; Museo delle Belle Arti di Boston, MA; Museo delle Belle Arti di Houston, TX; Perez Art Museum di Miami, FL; Museo dell'America Latina, Long Beach, CA; Galeria de Arte Nacional, Caracas; Museo de Bellas Artes, Caracas; e Museo Alejandro Otero, Caracas; Museo di Arte Contemporaneo a Sao Paulo; Museo de Arte Moderna, a Rio de Janeiro; Museo di Arte Contemporaneo, Bogotà; Fundacion Gego, Caracas; La collezione Cisneros, New York; La Fondazione Cisneros-Fontanels Art, Miami, FL; e molte altre prestigiose collezioni private e pubbliche. Nel 2017 è vincitore del premio J.S.Guggenheim Memorial Foundation.

 

English version

  Galleria Umberto Di Marino is pleased to present the first Italian solo show by Eugenio Espinoza, entitled Unlocking something on Thursday 12 October 2017.  

As a key figure in the Venezuelan art scene for the development of the international debate and the critique of Modernism, the artist has continued to modify a corpus of works created during the 1970s up to the present day: it is the development of a perspective that is consistent with his own research, marked by a vigilant and critical look at the art system.

The readymade of himself is the result of constant reflection on the way an art work is appreciated and the various semantic variants that can be superimposed by applying different approaches to the display of art works. The public’s point of view therefore provides the trigger that enables the artistic process to be completed, subverting its own initial premises.

Starting out from his familiarity with the organic Reticuláreas of Gego and the monochrome figures of Gerd Leufert, followed by his study of an institutional critique, culminating with the lesson of Piero Manzoni and Lucio Fontana’s revolutionary sense of space, Eugenio Espinoza has collected all the ingredients for expressing his dismay at the prevalent Modernist paradigm in Latin America.

The unmasking of the social construction imposed by the bourgeoisie is clearly revealed through the adoption of a black grid, the absolute synthesis of every possible representation of reality. By drawing on the most radical ideas of Abstract art, from the historic avant-gardes to Kinetic art in Europe and conceptual and minimalist art in New York, the artist overcomes all forms of rigidity to give his gesture the effect of manipulation, continuously deforming, tearing up, extending, weighing down and dislocating its support.

His historic installation Impenetrable was presented for the first time at the University of Caracas in 1972. The work is a painted grid on a gigantic unprepared canvas suspended from the ceiling that covers the entire display surface of the room in order to impede the movement of visitors. While many critics interpreted it as an ironic reference to the Penetrable of Jesùs-Rafael Soto and Hélio Oiticica, it was, above all, the first step in an artistic practice that embraced the unexpectedness of everyday life, as happened the following year at the Conkright Gallery. In this case, the public was encouraged to cut the canvas into pieces to do whatever they liked with it, so that the grid could be worn on several occasions during his performances.

Subsequently he began to reflect on the urban context, beginning with his work Participaciones in 1976 when four performers mutually negotiated their own collective movement in the space, enveloped in a map. In this case, bodies determine the grid in relation to its social function, in an action that regards mapping as a dynamic process enacted by a physical body.

The representative synthesis therefore breaks through institutional places to emerge into the real world, underlining the shortsightedness and social ignorance of an economic and political class which has continued to demonstrate its limitations. Eugenio Espinoza grasps the crucial point of the issue, the critical point between a system worked out at a theoretical level and its encounter with the complexity and violence of the social body which, even today in the digital era, is in search of new grammars and new instruments of cohesion.

The display design will therefore take account of the various lines of research pursued by the artist over the years in order to provide an initial insight into his history, simultaneously breathing fresh life into the entire artistic process.

Eugenio Espinoza was born in 1950, in San Juan de los Morros, Venezuela. From 1966 to 1974, he studied at the Escuela de Artes Plasticas Cristobal Rojas and the Instituto de Diseno Newmann-Ince in Caracas. From 1977 to 1981, he lived in New York where he studied at Pratt Institute, New York University and the School of Visual Arts. In 1972 exhibited at the Museo de Bellas Artes and “Impenetrable” at Ateneo de Caracas. His later conceptual works include found objects and photography. In 1985, he represented Venezuela at the Bienal de Sao Paulo. His work is in the permanent collections of Tate Modern, London, U.K.; the Museum of Fine Arts, Boston, MA; the Fine Arts Museum of Houston, TX; the Perez Art Museum Miami, FL; Museum of Latin American Art, Long Beach, CA; Galeria de Arte Nacional, Caracas; Museo de Bellas Artes, Caracas; and Museo Alejandro Otero, Caracas; Museo de Arte Contemporaneo in Sao Paulo; Museo de Arte Moderna, in Rio de Janeiro; Museo de Arte Contemporaneo, Bogota; Fundacion Gego, Caracas; The Cisneros Collection, New York; the Cisneros-Fontanels Art Foundation, Miami, FL; and several other prestigious private and corporate collections. In 2017 is the winner of the J.S.Guggenheim Memorial Foundation award.  

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