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bohème

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Domenica, 6 Agosto, 2017 - 19:00

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Domenica, 6 Agosto, 2017 - 19:00

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Comunicato

 

La bohème di Peter Altenberg

 

Viennese, nato nel 1859 e morto nel 1919, Peter Altenberg è stato un personaggio veramente insolito, un autentico bohèmien . Figlio di un ricco commerciante, Altenberg si sentì dire dal padre di essere orgoglioso d’avere un figlio così. Il suo Peter viveva con la testa fra le nuvole, non aveva ambizioni borghesi e passava le giornate nei caffè della città austriaca, fra cui quello centrale era la sua tana (si faceva mandare lì anche la posta). Nato Richard Englãnder, cambià il nome in Altenberg  dal nome di una cittadina poco lontana da Vienna, probabilmente per il suono altisonante. In quanto a Peter, così lo aveva soprannominato una ragazza, della quale si era follemente e inutilmente innamorato. Gran conversatore, persona di compagnia, viveva con nonchalance sulle spalle di amici facoltosi che gli pagavano pure la pigione. In cambio li deliziava con brevi racconti di cose viste e talune vissute nel suo peregrinare per Vienna, alla ricerca di curiosità e originalità. Non si lasciò mai condizionare da pretese letteraria tradizionali. Per questo ebbe poco successo in vita, pur godendo di grande considerazione presso il mondo intellettuale austriaco.

Altenberg ha scritto molto in tedesco, con lo stile dell’abbozzo immediato e vivo. In Italia è noto soprattutto per due titoli “Ciò che mi porta il giorno”, trad. Paola Di Gioia, editore L’Argonauta,  la cui dedica è molto simpatica:

Dedico questo libro a mio fratello Georg. Stando nel mezzo della vita difficile ed opprimente, lavorando, lottando, egli ha avuto tuttavia la più profonda e delicata comprensione per uno che sognando, pensando, osservando, ha avuto la perfidia di sottrarsi alla legge del duro giorno.

Lo scrittore amava dire che gli occhi sono il patrimonio Rothschild dell’uomo.  Il volume è concettualmente disordinato, Altenberg non pone filtri al suo pensiero, mentre è rispettoso della gente alla quale riserva un’ironia che non è mai pungente, che mai cade nello sarcasmo. Pulsa una gran voglia di vita nella sua prosa, un desiderio di dire tutto e anche di più, in parte mitigato da una bonomia che sembra impetrare misericordia e comprensione per gli uomini e le loro piccole vicende.

Il secondo scritto è “Favole della vita” a cura di Giuseppe Farese, Adelphi Edizioni. Sono pezzi ancora più brevi, caratterizzati da tentativi moralistici educatamente tenuti sottotraccia. Geniali i suoi aforismi. Eccone uno:

Educare una persona significa poter trasformare le sue cose sessuali in faccende spirituali! La ri-trasformazione avviene poi da sé.  (pag. 160)

Altenberg visse libero come pochi e come pochi mise la sua capacità di scrittura  al servizio delle cose, non della retorica palese o nascosta. Amava la vita dalla quale era riamato. Considerava la bellezza femminile, il mistero della donna, nella massima creazione divina (e magari,  se possibile, oltre). Un piccolo gigante dalla modestia esemplare.

Dario Lodi