LOBODILATTICE

Viva l'Italia!: Mazzini il sognatore

 

Noi fonderemo un Governo in Europa che distruggerà l’assurdo divorzio fra il potere temporale e il potere spirituale.

La frase sopra riportata fu inserita in una lettera di Giuseppe Mazzini a papa Pio IX nel 1847. Si presta a varie interpretazioni, ma la più convincente riguarda una visione mazziniana del potere ideale in Europa: un potere basato sulla morale per eccellenza, predicata da una religione pura quale era stata quella cristiana nel Basso Medioevo (praticamente nei secoli veramente “bui” dalla caduta dell’Impero romano sino alla venuta di Carlo Magno). Mazzini proponeva un sistema sganciato dalla temporalità, includendo in questa proposta eversiva una Chiesa di fatto asservita (auto asservita) al potere convenzionale di stampo laico.

Va detto che Mazzini, a proposito della religione, non aveva idee chiarissime. E questo perché egli ammirava il concetto di spiritualità entrato in voga fra le personalità intellettuali dell’epoca. Basti pensare alla “provvidenza” di Alessandro Manzoni, per il quale al disopra dell’uomo e delle cose esiste un ordinamento particolare, estraneo (in parte) alla mente umana, che sovrintende, per così dire, lo svolgimento degli eventi, volgendoli al meglio. Le caratteristiche di questo ordinamento sono affidate a un ente trascendentale denominato “spirito santo”. Nel’Ottocento il dio storico scompare a favore della terza persona della trinità, lo spirito santo appunto, che teoricamente ha in sé gli altri due, padre e figlio.   

La promozione dello spirito santo fa da sfondo anche al “Primato degli italiani” di cui scrive Vincenzo Gioberti. Mazzini vi si accoda al punto di teorizzare un’Italia maestra di vita per tutta l’Europa grazie al suo passato glorioso di “giardino dell’impero romano”, ovvero di fonte depositaria del sapere greco e latino (ovviamente fu concepita così per facilità di alleanze: ad esempio, Cesare poté passare il Rubicone perché appoggiato e foraggiato dalle varie entità sociali del Nord Italia, tanto è vero che una volta al potere diede loro la cittadinanza romana).

Tutto questo possiede come base di partenza quattro fenomeni culturali in rapida successione e compenetrazione: il razionalismo, l’Illuminismo, il positivismo e il romanticismo. Il solo razionalismo fu attentamente esaminato dagli intellettuali italiani, ma certo le suggestioni derivate dagli altri tre non fu cosa di poco momento, anche se creò principalmente della confusione, dei dubbi e delle esitazioni. Non dimentichiamo che i quattro fenomeni nacquero sulle spoglie di una Chiesa romana a pezzi, dopo il vento di Lutero e di Calvino. Sulla stessa non si riflette mai abbastanza e perciò ci si rende conto a fatica quanto contasse nel Medioevo e nel Rinascimento. La Chiesa romana era veramente il centro del mondo. Volerla ripristinare, riveduta e corretta, denunciava il desiderio, comodo, di fare due passi indietro e uno avanti. La borghesia, che dopo la Rivoluzione Francese, dominava il sistema sociale, non aveva esperienza governativa e quindi non poteva fare di meglio, probabilmente, che pensare a una soluzione che salvasse capra e cavoli.

Tutto questo spiega perché Mazzini non presentò mai un progetto ben definito, ma si risolse a intemerate, quasi a caso, contro le brutture di un laicismo borghese cieco e sordo di fronte all’etica. Le intemerate focose di Mazzini, la sua propensione rivoluzionaria, fecero molti danni e gli alienarono le simpatie di personaggi coevi, impegnati nell’allestimento di uno stato ordinato e moralmente presentabile. Il grande intellettuale lombardo Carlo Cattaneo definì Mazzini un irresponsabile, mentre Marx lo bollò pesantemente, dandogli praticamente del folle. Diceva dell’italiano che metteva troppa carne al fuoco, senza sapere minimamente come cuocerla. Le considerazioni di Marx non sono certo incoraggianti, ma a suo svantaggio parla la storia successiva che ha dimostrato l’utopia del suo credo. Il filosofo tedesco discute di una realtà ideale, non confortata dai fatti precedenti e non confortabile da quelli futuri, stanti le oligarchie a gradini che premono sul cosiddetto popolo, eternamente chiamato a reggere l’orrenda impalcatura.

Per quanto sognatore e ingenuo, Mazzini ha avuto il pregio di portare avanti l’idea repubblicana, mai deflettendo da essa neppure in presenza di possibili prebende da parte dei Savoia. È stato più coerente di Garibaldi, fra i promotori del Regno d’Italia (un allargamento della Savoia, in pratica), solo parzialmente a propria insaputa. Ingenuamente a sua volta, Garibaldi pensava d’incidere nel sistema Italia da parlamentare di sinistra. Non ci riuscì e se ne andò indignato a Caprera da esule incompreso e deluso.

Sul piano strettamente religioso, Mazzini credeva nella reincarnazione e ipotizzava una evoluzione conoscitiva verso la divinità, dipendente dal volere divino. Dio, secondo lui, si rivelava poco a poco. La disamina, trattata superficialmente, portava al concetto di “teocrazia popolare”. Questa frase, teocrazia popolare, celava in sé più laicismo di quanto s’immagini. Indirettamente, Mazzini dava, con essa, una patente d trascendentalità all’essere umano e questo in linea con i moti romantici e con le teorie filosofiche hegeliane. Dentro la frase mazziniana galleggia il ciò che è razionale è reale di Hegel, più il timore reverenziale di Schopenhauer per la sensibilità e il sentimento, per quanto tenuti a debita distanza come una sorta di debolezza inconfessabile.

Togliersi dai lacci e laccioli religiosi classici, fu una vera impresa per Mazzini, non si sa quanto veramente portata a termine, riferendoci all’essenza del fatto divino, ovvero alla spiritualità che nel caso delle religioni codificate subisce un imbrigliamento assai forte. Si vedano i dogmi delle varie confessioni religiose, per quanto riguarda il Cristianesimo inventati di sana pianta o dedotti dall’Antico Testamento, con cui Cristo, per la verità, aveva ben poco a che fare (i Cristiani appiccicarono il Vangelo alla Bibbia per opportunismo, per ricevere considerazione).

Va tuttavia ammesso che Mazzini non si tirò indietro di un solo centimetro dalla sua posizione di ribelle ai sistemi tradizionali e che amò l’idea repubblicana (res publica, cosa di tutti) come nessun altro. Ecco la sua laicità, verso la quale fu sempre coerente. Mentre Cattaneo ipotizzava una comunità europea retta dal sistema amministrativo austriaco (il più avanzato all’epoca) e mentre Marx vagheggiava una società di uguali, Mazzini portava avanti la proposta di un’Europa fraterna, ma libera, dove ognuno avrebbe contribuito lealmente alla crescita del genere umano. Nessun ordine dall’alto, bensì sensibilità e impegno empatico nel cuore di ciascuno. Questa la vera crescita, la vera emancipazione.

A sostegno di quanto si dice, ecco una frase di Mazzini stesso: … La religione futura dirà: «Dio è Dio, e l'umanità è il suo profeta.» Quindi, rivelazione, non immediata, ma continua, progressiva, incarnazione divina nell'umanità: santificazione, ma mortalità di tutte le religioni, fasi tutte, secondo il tempo e lo spazio, della grande, vera, una religione, della quale ogni epoca storica svolge un principio, un articolo. La morale si perfezionerà, dacché invece di sancire che l'uomo può salvarsi, malgrado il mondo, e separandosi dal mondo, dirà che l'uomo non si salva se non attraverso il mondo, trasformando il mondo.

Suo è anche il motto “Dio, patria e famiglia”. Del dio mazziniano abbiamo detto: è la morale che evita le azioni del “bestione” che c’è in ogni uomo. La patria è l’Italia, scintilla ricomposta e quindi luce che illumina l’intero mondo d valori civili e culturali. Famiglia è il luogo in cui si perfezionano i rapporti fra gli individui e in cui si coltivano le virtù esemplari. Del motto sì impossesserà il Fascismo, volgarizzandolo e usandolo come arma di offesa anziché come strumento di propaganda pacifica e condivisa.   

Ed ecco una sua precisazione tratta dai “Doveri dell’uomo”: Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste perché noi esistiamo. Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell'Umanità, e nell'Universo che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti più solenni di dolore e di gioia. L'Umanità ha potuto trasformarne, guastarne, non mai sopprimerne il santo nome. L'Universo lo manifesta coll'ordine, coll'armonia, colla intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. Non vi sono atei fra voi: se ve ne fossero, sarebbero degni non di maledizione, ma di compianto. Colui che può negare Dio davanti ad una notte stellata, davanti alla sepoltura de' suoi più cari, davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole. Il primo ateo fu senz'alcun dubbio un uomo che avea celato un delitto agli altri uomini e cercava, negando Dio, liberarsi dell'unico testimonio a cui non poteva celarlo e soffocare il rimorso che lo tormentava. 

Lo scritto paga un certo tributo alla mentalità dell’epoca, non ancora lontana dalla religiosità tradizionale, ma insiste, nei passaggi più significativi, sul concetto di coscienza morale che la religione stessa ha portato avanti, a parole, per secoli. Perché la morale diventi effettiva, occorre che venga metabolizzata da ogni uomo, compresa e compresi i benefici sotto tutti i punti di vista. Non si tratta più di seguire dogmi, ma di riflettere personalmente sui grandi temi della vita. Non a caso, Mazzini chiamò questi suoi interventi “Doveri dell’uomo”. Il dovere di capire, responsabilmente (fatto che la chiesa esclude).   

Dario Lodi