LOBODILATTICE

La città vuota. Out of the blue

Un film d’artista ipnotico. Conturbante. Prismatico. Familiare. Capace di parlare su diversi piani di narrazione. Con La città vuota, Fabrizio Fiore e Thomas Battista scandagliano un mistero ben celato sotto le apparenze: la mente umana e la sua alienazione. Una bella riflessione sulla natura dualistica delle pulsioni e degli istinti (elementi naturali) che possono rilevarsi fertili, ma anche distruttivi. Il terribile vuoto, vissuto dai protagonisti, nasce dalla comprensione di non aver saputo cogliere il cuore della vita e la sua dimensione immutabile. Il vortice che li risucchia è l’allagamento di una coscienza bombardata da contenuti inconsci. Lo sguardo agganciato all’ultimo orizzonte di Faber, interpretato da Fabio Pasquini, si aggrappa quasi avidamente all’impressionante tenerezza di Laura, tratteggiata da Maria Chiara Tofone. Accanto a loro si muove Giancarlo del Monte che veste i panni di Karl, figura ambiguamente impenetrabile. Il reale si sgretola, svanisce e i protagonisti non trovano più niente che possa farli approdare verso l’ovvio e l'ignoto. Il rinchiudersi in un mondo dove nessuno può infrangere le proprie regole si trasforma così in una ribellione autodistruttiva. Un'opera, implacabilmente ben costruita, carica di tante domande (nostre): abbiamo veramente coscienza del nostro sentire? L'alienazione scatta quando ci si guarda troppo dentro o quando si scappa da noi stessi? La condizione della solitudine nasce dall’allontanarci dall’altro o dal tentativo di comprenderlo, per trovarci insieme sul giusto cammino del dissenso e dell’assenso. Il testo narrativo, firmato da Luigi Salerno, è una superba riflessione metalinguistica sugli intrecci sottili con cui la storia svela e rivela sensazioni, emozioni, attese. Una piccola perla di profondità umana che brilla nella ricerca artistica e trova nella letteratura un’arte sorella. Parole e immagini con-giungono e si con-fondono su un confine incerto che svela il loro limiti, per fare spazio a nuovi modi di sentire. Il sapiente e magistrale impatto della composizione fotografica riesce a rendere ancora più tormentati i concetti di limbo esistenziale e di tempo stagnante che fissano la dimensione dell’attesa irrisolta. Al potere del ricamo formale si accompagna un coerente contrappunto musicale altrettanto particolare e ben rifinito.

(Francesca Londino, editrice, curatrice e critica d’arte)