LOBODILATTICE

Traces of Soul

Inaugura

Sabato, 29 Settembre, 2018 - 18:30

Presso

Fondazione Sambuca - Cavallerizza
via Alloro 36

A cura di

Giacomo Fanale

Partecipa

Fabio Modica

Fino a

Domenica, 4 Novembre, 2018 - 21:30

Traces of Soul

Comunicato

ARIONTE ARTE CONTEMPORANEA

 

FABIO MODICA

TRACES OF SOUL

a cura di Giacomo Fanale 

 

30 settembre _ 4 novembre 2018

 

opening 29 settembre 

ore 18.30

FONDAZIONE SAMBUCA - CAVALLERIZZA

Via Alloro, 36 - Palermo

 

Volti, e rappresentazioni di nature irreali, dissonanze cromatiche che emergono nel geometrismo perfetto di una tela in cui si addensano colori, materia pittorica che si fa visione tridimensionale di complesse  sensazioni emotive.

Fabio Modica esprime  una straordinaria capacità di frammentazione multisensoriale della visione, ottenuta con un elaborato e sapiente  cromatismo che ne facilita la focalizzazione dell’immagine.

La composizione cromatica, cattura l’osservatore con l’immediatezza propria di un fotogramma scomposto, un senso di tridimensionalità che rende compartecipi dell’opera dell’artista e di tutto ciò che essa comunica e riproduce.

 Il colore è lo strumento per arrivare alla forma e alla percezione.

Un modo semplificativo di comunicazione,  perché  chi osserva possa far proprio il senso delle cose  e leggerne la premessa, e identificarne  il contenuto materiale ed immateriale che sottintende alla sua scomposizione materica.

È materia e nello stesso tempo luce di trame immateriali, di spiritualità, quello di un divenire cosmico di espressioni e visioni, che attendono di essere soggettivate.

Un ripetersi di tessere di un mosaico infinito che non si limita al soggetto o al paesaggio immaginifico, al disegno, alla tela, ma si muove in un infinito che non finisce mai di sorprendere. L’opera non si compone del soggetto come intento ultimo o come fine a se stesso, ma è strumento di indagine, di un volere essere partecipe di problematici interrogativi che affliggono il mondo contemporaneo.

Volti, paesaggi onirici, luci ed ombre di un sussistere irrisolto delle cose, ma spunti di riflessione per rappresentare il senso, dell’essere e del divenire, del tempo, e dell’infinito.

Volti femminili  senza tempo, che si riassumono in espressioni emblematiche e statiche, profondi occhi azzurri a simboleggiare di un cosmo che non muta nel tempo, perché foggiato sul concetto di eternità, ma anche di un esistere senza futuro certo, perché l’azzurro è il colore dell’infinito positivo, in cui può  riflettersi la speranza del continuo sussistere.

I paesaggi sembrano irreali per ciò che rappresentano, forse ologrammi di una natura ormai non più esistente, aggredita e afflitta com’è da contaminazione e degrado. Un rappresentarsi di una natura sublimata che vive nell’immaginario dell’artista.

Non una mera esternazione sofferente, quella che traspare da espressioni emblematiche di volti, che non possono che essere riflessi di passioni, come tutto ciò che fa parte del vivere e del percepire, dell’amare come dell’oblio, ma volti sfaccettati come a rappresentare una cosciente consapevolezza dei molti limiti, delle molte anime che convivono in ogni individuo.

Foreste che si addensano e riflettono di una luce non propria, di colori che appartengono al solo immaginario, che non sono estranei all’universo umano e  dell’artista. Anche i volti, rappresentati da Fabio Modica, includono un repertorio di consapevolezza di ciò che discerne la superficialità  dalla spiritualità dell’individuo. Non il ritratto del soggetto, esso non indaga sull’essere come singolo, ma come generalità complessa, facce di uomini e di donne, a discolpa di  una soggettività apatica e distratta.

 

Lo sguardo sembra essere statico e diretto oltre l’osservatore, sempre uguale, e non a caso.

E’ il risultato di un “mosaico espressionista”, se così può definirsi la tecnica pittorica di Fabio Modica, in cui la materia delle tessere musive è sostituita  dall’ addensarsi del  colore disteso a spatola, come tessere create da grumi di colore a significare stati emozionali. Uno sperimentare di metodi e di  tecniche pittoriche di cui è  maestro, come lo è della luce e della percezione prospettica. I risultati di questa consapevolezza tecnica, sono così evidenti da rendere l’opera immediata e comprensibile, meglio se osservata a distanza ragionevole, come proprio nell’arte antica del mosaico e dell’affresco.

L’artista osa indagare e rappresentare, con un cromatismo elegante e raffinato, trame di volti che sono espressioni di un universo di ” solitudini”. Strati di colore che si sommano in un  insieme di tessere musive accostate a sfaccettare le tante pluralità complesse che rappresentano l’individuo, ma anche le tante emarginazioni di cui lo stesso è succube, in una dimensione contemporanea caratterizzata dall’assenza di valori. Così come il districarsi all’interno di foreste addensate di alberi suggestivi in una atmosfera irreale, pregna dei riflessi di tutti i colori dell’iride, come cristalli iridescenti.

Trame scomposte, in un gioco di luci e di ombre che evidenziano i lati oscuri  di ogni esistenza e di ogni luogo. Un gioco di maschere, un “cubismo visionario” di solitudini, un gioco pirandelliano che traduce il teatro delle maschere in complessi cromatismi e in labirinti cromatici.

Verità o seduzione, le espressioni dei volti, gli intrigati paesaggi, le divagazione cromatiche, si modellano al giudizio ultimo dello spettatore attento, che trova piacevole il districarsi nel vortice di cromatismi e suggestioni, perché egli stesso possa di tutto ciò inebriarsi.

Giacomo Fanale

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