LOBODILATTICE

Sarà dolce tacere

Inaugura

Giovedì, 15 Marzo, 2018 - 18:30

Presso

Galleria Mario Giusti HQ
via cesare correnti, Milano

A cura di

Francesca Lucioni, Mario Giusti

Partecipa

Andrea Greco

Fino a

Sabato, 14 Aprile, 2018 - 18:30

Sarà dolce tacere

Comunicato

“Dovunque ci troviamo, quello che sentiamo è sempre rumore. Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina”. John Cage

Ed eccoci arrivati ad una nuova avventura di Andrea Greco: una personale di 30 opere, quasi tutte di grandi dimensioni, che è un tenace lavoro di approfondimento e racconto, iniziato anni fa con il ciclo Le Muse, attorno ad un complesso castello di musica, pensieri, ispirazioni e uso dei colori. Lavoro approdato ad una consapevolezza che ha saputo creare scambi e contaminazioni, come nel caso del recente rapporto con Ludovico Einaudi.

La vera novità è che si percepisce una maturità difficile da riscontare nella pittura contemporanea italiana: una pittura fatta di suoni e di silenzio, di esaltanti citazioni che le confluiscono una determinazione nel raccontare pari solo all’intreccio tra immediatezza della forma e del colore e i rimandi teorici ed onirici. Pur raccontando il reale.

Scrive A.Greco: “...Partendo dall’idea che il linguaggio astratto non sia altro che una differente visione del reale, la linea di confine fra la realtà e la nostra percezione condizionata dalle esperienze, cerco di guidare l’osservatore nella scoperta di una nuova concezione del mondo, in linea con quelle che sono le nuove scoperte scientifiche relative al nostro pianeta…”

Infatti, come dice Francesca Lucioni nel suo saggio critico, Lo spazio del suono: “…Affinando questo discorso l’artista è approdato al suono come causa prima che diffondendosi sotto forma di vibrazione ondulatoria avrebbe creato tutte le cose esistenti… recente è la scoperta della possibilità dell’ascolto del cosiddetto “rumore della terra”; il basso ma costante ronzio che produce il nostro pianeta e chiamato dai geofisici “oscillazione libera”, è stato catturato per la prima volta da un gruppo di scienziati sul fondo dell’oceano. L’importanza di tale scoperta sta nel fatto che attraverso di esso si può arrivare a studiare l’interno del nostro pianeta e dunque captarne l’essenza. Il ritorno ad un rapporto con la natura, lo stare in “ascolto” di essa, è diventato oggi un’esigenza impellente, proclamata sia negli ambiti del sapere che in quelli artistici attraverso atti di denuncia e azioni tese a sensibilizzare l’individuo…”

Per Greco, in questi lavori, suono, ascolto e silenzio sono parte integrante della sua visione e della sua pittura, come per un brano musicale di Cage, dove hanno la stessa importanza delle note suonate: sperimentazione e casualità, organizzazione della pittura in suono e aleatorietà, astrazione e neorealismo. Praticamente la pittura che si fa danza, spettacolo e palco vuoto, silenzioso.

Ed ecco perché la pittura di Greco si muove parafrasando John Cage quando dice che i rumori “sono utili alla nuova musica quanto le cosiddette note musicali, per il semplice motivo che sono suoni”. E ancora: “la musica è in primo luogo nel mondo che ci circonda, in una macchina per scrivere, o nel battito del cuore, e soprattutto nei silenzi.”

Quindi pittura, silenzio e suono/rumore della terra per Greco non sono come apparenti contraddizioni ma rilevano invece la coerenza di un'epoca che, ancora una volta, ripensa il fondamentale rapporto tra arte e vita, natura. Questa mostra sintetizza le istanze primarie del rapporto che l'arte istituisce con la vita, sia sul versante della natura che su quello della società, raccontando l'ascesa e il declino della tarda modernità occidentale, ripensata attraverso il linguaggio della musica e della pittura. E’ questa coincidenza nell’ispirazione tra musica e suono della terra che avvicina Greco a Cage: ovunque vi siano persone o qualsiasi forma di vita vi sarà qualche tipo di suono o di pittura.Infatti è di pochi giorni fa la scoperta che l’arte è 20 mila anni più vecchia di noi perché sono stati trovati dipinti dei Neanderthal: raffigurano animali, figure geometriche e impronte di mani in ocra e nero e, con le conchiglie usate per fare i colori, rivoluzionano l’idea di umanità. «Provano — spiega il filosofo della scienza Telmo Pievani — che è esistito un altro modo di essere umani, ora scomparso e lo studio pubblicato su Science afferma che «Gli uomini di Neanderthal conoscevano il comportamento simbolico». È l’origine della cultura, ciò che ci identifica come umani.

Ritornando al testo di Francesca Lucioni: “…Da questo incontro, dell’attenzione di Greco verso questo tema e dall’ascolto dei suoni dell’universo, si concretizzano tali lavori, una sorta di alfabeto primordiale, dove l’andamento del segno/colore è frutto di una particolare rielaborazione della mente dell’artista. Nasce così un linguaggio “sensibile”, una scrittura generata da flussi energetici e propulsivi che ancora oggi come nell’antichità riescono a stimolare un potere creativo nell’individuo, sia esso artista o osservatore… Ecco perché dinnanzi ad essi “sarà dolce tacere”: è il titolo di una poesia di Pavese, già musicata da Luigi Nono nel 1961, che ci da una sorta di indicazione sull’atteggiamento da tenere per la visone e l’ascolto di questa mostra.

* Tratto da “Anche tu sei collina” dalla raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese

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